Ieri
sera mentre ero fuori con cagnona, incontrando un signore e un altro cane,
mentre ci scambiavamo due convenevoli en passant, non riuscivo a non osservare
l’approccio dei due animali. La prima immagine è quella delle code: si
incontrano, si nasano, immediatamente le code erette iniziano a roteare. In
realtà il movimento somiglia più a quello di un tergicristallo, piuttosto che a
un elica, ma talvolta l’intensità del movimento convince l’occhio che si tratta
di un movimento completo a trecen
tosessanta gradi.
Mentre
quel movimento proseguiva, c’è stato il consueto contatto olfattivo:
normalmente inizia dagli apparati espulsivi: organo sessuale e orifizio anale.
In realtà non so se sia un’azione di ordine sessuale, o piuttosto di
riconoscere l’altro da sé, di identificarlo, attraverso l’odore della sua urina
e delle sue feci. I cani maschi, ad esempio, urinano un numero impressionante
di volte durante il consueto giro coi padroni, e si dice che così facendo
“marcano il territorio”. I maschi, dominanti, ingenuamente cialtroni,
sostituiscono l’illusoria proprietà privata umana, con la proprietà biologica:
questo fino a che non interviene equitalia nel caso degli umani, un altro
maschio con le stesse pretese, nel caso canino.
Quando
l’incontro si è concluso, ognuno di noi ha proseguito il suo cammino: loro da
una parte, noi dall’altra.
La
serata era splendida: una temperatura magnifica, un cielo stellato, un’aria
quieta, un concerto di grilli, l’odore d’erba tagliata: un festival sensoriale,
insomma.
Continuavo
a pensare alla modalità dei cani, all’uso dell’olfatto, invece della vista,
come guida capace di spiegare gli altri e il mondo; al loro apparente non
giudicare gli odori in buoni e cattivi, ma in termini identitari,
identificativi. Pensavo a cosa succederebbe se gli umani si affidassero a loro
volta a questo modo di vivere e di tradurre l’esistente. Chissà come ci
comporteremmo, come svilupperemmo le relazioni. Un pensiero stupido, ingenuo,
mi è arrivato improvviso: non esisterebbero guerre.
Ma
perché scrivo questo, e perché proprio in occasione della registrazione (
questa volta prima e seconda parte) della lettura al centro culturale Candiani?
Non lo so: forse perché il secondo capitolo si intitola “sensi a nord est”, o
forse per ragioni più inconsce, più nascoste; forse solo per riempire uno
spazio, forse solo perché sono pieno di forse.
Ascoltate
comunque, che non c’entra niente con quello che ho fin qui scritto.
Cristiano
Prakash Dorigo
podcast lettura centro Culturale Candiani
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