venerdì 25 maggio 2012
Cara A, eravamo solo nick
Cara A,
Ti invio questo pezzo di racconto che ho estrapolato da un mio vecchio racconto ancora inedito. È un racconto che parla di un tizio che poco alla volta cambia vita; l'avevo scritto quando ancora fb non esisteva e la rete era soprattutto blog, ancora avanguardia, all'epoca. Fa sorridere parlare di epoca, quando in realtà si tratta di una decina di anni fa o poco meno.
La cosa che stride di più per quelli che come me frequentano la rete da un po', è che in quegli anni eravamo tutti dei nomi o dei nick, ma senza volto, senza corporeità. Alcuni li ho ritrovati poi in FB, apprezzando la possibilità di guardarsi finalmente in faccia, benché l'anonimato corporeo, al tempo, aveva il suo fascino.
Il racconto giocava proprio su questo: due si conoscono in rete, e senza essersi mai visti, decidono di osare e cambiare.
Credo forse troverai affinità tra la mail che mi hai inviato- di cui ti ringrazio, molto-, e il brano estratto.
A presto,
Cristiano
"...
Stasera sono uscito con i colleghi; alcuni hanno dato il meglio di sé con barzellette, confidenze, cattiverie.
Non so come appaio dal di fuori; quel che di certo so, è che non corrisponde al di dentro; mai.
Fatica a sostenere un’avvilente messinscena; tentativi di salvare rapporti inesistenti, circostanziati e riferibili alla sola professione.
Tornando a casa in macchina da solo, sento dentro una sensazione paragonabile ad una necessità.
E’ una voce muta, un nodo che vuol essere sciolto e sta per scoppiare.
Accendo la radio e decido, seppur stanco, di fare un giro di notte.
Lo sguardo vaga. Persone dentro auto che sfrecciano ovunque. Autolavaggi self-service pieni; bisogna far bella figura, l’auto ci rappresenta, parla per noi. Dev’essere pulita, igienizzata, che magari-stasera-si-scopa.
Puttane, travestiti, camionisti; bar affollati, sembra di sentirne il chiacchiericcio abituale.
Tutti cercano compagnia, per non avere freddo, per non sentirsi soli e inutili.
Il nodo irrompe e senza ragioni logiche scoppio in un fragoroso pianto liberatorio.
Davanti ad un semaforo mi si affianca una macchina con due ragazze che mi guardano; perplesse si consultano e mi chiedono a gesti se ho bisogno d’aiuto.
Rifiuto e ringrazio con il cuore colmo di gratitudine.
Provo vergogna e leggerezza.
Adesso sto meglio però; adesso ho compreso.
Ora so che devo andare avanti.
..."
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento