lunedì 21 maggio 2012
Brescia, Sant'Agostino, il destino
Brescia.
Il lunedì mattina era piovoso.
Strade e cielo, stesso grigio, pensavi.
Andavi in bagno, ti specchiavi, pisciavi, non pensavi.
Poi in cucina, preparavi la moka da due, una fetta di pane fatto in casa con la macchina apposita vinta coi punti del supermercato, marmellata di fragola. Svegliavi tua moglie alle sei e un quarto, il caffè e il pane pronti anche per lei sul tavolo. Lei faceva colazione, tu ascoltavi la radio in bagno, mentre ti facevi la barba. Poi uscivi, entrava lei. Alle sei e cinquantatre usciva da casa.
Sant'Agostino, FE
Il turno del sabato notte, pensava, era pesante. Era pur vero che alzava lo stipendio, e che i suoi sabati avevano smesso di essere euforia, e quindi rimpianto, ma sarebbe stato meglio a casa sua. Doveva andare in pensione ma la nuova normativa aveva allontanato la meta. Aveva girato tutti i concessionari di camper di Ferrara e Bologna. Con il TFR se ne sarebbe comprato uno e avrebbe girato per tutta Italia. Sarebbe tornato verso Napoli, come primo viaggio; poi avrebbe continuato, chilometro su chilometro. Sarebbe passato anche per Brindisi, dove la ragazzina era stata ammazzata davanti alla scuola.
Avrebbe rimandato di qualche anno, pazienza. A questo pensava a quasi fine turno, quando aveva sentito il primo rombo profondo, sordo, che sembrava provenire dalle viscere della terra. Contemporaneamente, la fonderia aveva tremato, come fosse stata investita da un brivido.
Brescia
Eravate riusciti a non parlarvi anche stamattina. Ti eri fatto un altro caffè e l'avevi bevuto guardando le estrazioni del Superenalotto sul televideo. Questa volta avevi fatto 1. Ti eri vestito con i jeans, la camicia bianca, messo i mocassini, eri andato in camera dei bambini e ti eri fermato un momento a pensare. Dormivano sereni, l'aria odorava di tenerezza. Avevi il dubbio su chi avresti scelto per primo. Eri rimasto in piedi, appoggiato appena allo stipite della porta a guardare il respiro lento del dormire, e per un attimo avevi dimenticato la stanchezza. Eri tornato in cucina, avevi preso la lettera che avevi preparato il giorno prima: poche parole che parlavano di stanchezza, paura, tradimento, fine. Prima di tornare in camera dei bambini avevi verificato che nel cortile condominiale non ci fosse nessuno. Fuori la città iniziava a svegliarsi, a secernere la sua puzza, a invadere coi suoi rumori. Non c'era nessuno. Bene, era il momento. Andavi da Luca, due anni, che ti aveva guardato un attimo e poi aveva chiuso di nuovo gli occhi, fiducioso. Gli avevi fatto sshh con la bocca, come a dire che non era niente, che eri tu, suo papà. Aprivi la finestra, guardavi i sei piani di sotto e facesti un movimento come di ninna nanna mentre le braccia lo lasciavano andare. Poi Piero, sei mesi. Gli avevi baciato il volto, in particolare gli occhi, l'avevi annusato e ti eri voltato per non guardare mentre non sentivi più il suo poco peso nelle mani. Ti eri aiutato con le mani sulle finestre per alzarti, stando attento a non fare danni. Mentre cadevi, pensavi che finalmente era finita.
Sant'Agostino, FE
Non si capisce subito che è un terremoto, ci si mette sempre un pò. Qualcuno aveva urlato, lui aveva infine realizzato. Era il capoturno, il più anziano; uscite, uscite subito aveva urlato. Il forno tremava, come avesse freddo, pensava mentre si voltava per uscire. Era caduta una trave dal soffitto, l'aveva colpito sulla testa, era caduto. Sarà durato un attimo, forse: ma un attimo è comunque tempo. Tra la rottura della scatola cranica e l'incoscienza, era riuscito a percepire lo scricchiolio delle ossa che si frantumano sotto il peso del tetto. Non sentiva dolore, non aveva paura. Pensava al destino che lo aveva privato della soddisfazione di girare in camper, all'Irpinia, all'Aquila, alla finale di coppa Italia, alla sua famiglia, alla fine.
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