Cara anonima
Oggi
c’è un bel fresco.
Di
quelli che, fosse inverno, sarebbero puliti, tersi, e farebbero uscire il
vapore dalla bocca come si stesse fumando.
Pensavo
a questi fenomeni di trasformazione chimica: credo che il vapore
sia dovuto alla differenza tra il freddo del fuori e il tepore del dentro.
Il
respiro, fonte di vita, impercettibile movimento involontario, si mostra pudicamente
attraverso un impalpabile vapore.
Che
di suo non ha nessuno scopo.
E
che svolge la sua funzione in totale assenza di convenienza diretta.
Ieri
parlavo con una persona molto cara, ci raccontavamo questioni personali.
Da
quel parlare che fa male e bene insieme, ci si diceva del grado di intimità che
ci si concede, nel considerare quel che vivendo, capita. Di come si desidera
attraverso il filtro della propria intera vita; della verità vera- quella parte
che si è in grado di percepire- che si censura, come si fosse costretti ad
accettarne solo una parte.
I
pensieri che avrei voluto esprimere, sono arrivati dopo.
Pensavo
ad esempio alle difese che mettiamo in atto: le difese che ergiamo a protezione
del nucleo centrale, che non si può denudare.
Lo
scandalo della nudità.
Giochiamo
a vivere in bilico tra l’autenticità e l’opportunità. E bada bene, non mi
riferisco alle convenzioni sociali che regolano la convivenza civile.
Quali
paure ci trattengono dall’esprimere quel che sentiamo?
Ma
quel nucleo vitale lavora e incamera le esperienze, le unisce e rimodella.
Non
saremo mai più quel che siamo appena stati: è già passato, subito dopo il suo
turno.
Andato,
sparito, volato.
Domenica
ero a Caorle.
Camminando
sulla passeggiata che porta alla “Madonnina”, caratterizzata dagli
scogli-sculture, guardavo cielo e mare.
Dalla
parte del levante qualche nuvola, lontana e remota, macchiava una porzione di
quel cielo distante.
Sopra
e verso ponente, invece, l’azzurro tendente al crepuscolo, lasciava vedere
lontano, fino alla linea dell’orizzonte. Dove mare e cielo si congiungono.
Il
sole calava proiettando luce sul mare, che galleggiava brillante e viva.
Attorno
a me un chiacchiericcio domenicale, indifferente.
Forse
vivevano quell’emozione senza bisogno di frapporre silenzio, distanza.
Tutto
fuso insieme, senza fatica.
La
vita sembrava leggera; o meglio, lo era.
In
quella leggerezza alzarsi e lievitare non avrebbe sorpreso nessuno. Chissà
dall’alto come sarebbe stato. Un bel fresco come oggi a completare la scena.
Nella
tua ultima parlavi di interpretazioni, di circostanze, di impossibilità di
mentire a te stessa.
E
queste considerazioni le sento molto vicine a quel che anch’io vivo.
A
meno che non sia costretto al contrario, sono quel che sono. In qualsiasi
circostanza, con chiunque.
In
modo ormai naturale, consapevole che pagherò un prezzo, forse, ma che ormai ho
scelto: non posso che essere sempre presente: in ogni parola, pensiero, fatto.
E
questa vicinanza con la responsabilità diretta nell’agito, mal che vada,
m’inquieta, agita, stordisce, ma mai delude.
Sono
una contraddizione verticale, un tutt’uno che convive col paradosso incistato nelle ossa.
Oggi
è freddo il tempo varia in continuazione da nuvoloso ad assolato.
Ora
è sole, poi nuvole, forse pioggia.
E
non ci posso far niente; e non voglio nemmeno.
Se
fosse sempre sole, che noia.
Non
si apprezzerebbe più, diventerebbe scontato, obbligatorio.
E
quando si vive dando per scontata ogni azione, e si anticipano parole e
pensieri, la vita ha esaurito il suo ciclo.
Conviene
fermarsi e ricominciare.
Cara
anonima, finisco così.
Attendo
la tua risposta, se vorrai.
Ciao
Cristiano
Prakash Dorigo
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