martedì 1 maggio 2012

dio, padania e famiglia


Mentre se non si trovano rimedi stiamo tutti affondando, poco alla volta, senza quasi accorgercene, o meglio senza che la classe dirigente se ne accorga, piccoli gesti di barbarie si stanno diffondendo in ogni dove a raffica, a ripetizione, accelerando la discesa.
Prendo ad esempio la lega, che cerca di ricostruirsi un’identità smarrita nei segreti di palazzo, quelli dove il potere, con la dolce vita che li contraddistingue- l’ostentazione pacchiana del niente che sono e del molto che hanno, le bave pavloviane dell’avidità a imbiancare gli angoli della bocca-: oggi, primo maggio, San Donà di Piave, festa dello sport, palcoscenico delle scuole da ballo di provincia e palco adatto al comizio dell’assessore di turno, questo stesso ha impedito l’esibizione delle ballerine di danza del ventre. Nonostante le petizioni, le richieste di spiegazioni, questo bell’esempio padano ha bofonchiato che non sarebbero adatte alle famiglie, dimenticando che le stesse, le famiglie intendo, riescono perfino a sopportare i suoi discorsi dio-padania-famiglia, nello slang indigeno.
La sindaca, oltre ad essere anche presidente della provincia di Venezia, e a portare perciò a casa due stipendi, tace in proposito. In compenso fa fuori equitalia, operazione da estetista del popolo oppresso; lo stesso popolo da cui riceve gli stipendi cui sopra, per altro.
Passo ad altri. 
L’altro giorno denunciavo l’editoriale di Camon sulla Nuova Venezia, giornale che non ha evidentemente gradite le mie osservazioni, o non le ha ritenute opportune o degne di pubblicazione. Questi diceva e argomentava che se il ladro in provincia di Padova è stato ucciso, lo è stato a causa dei suoi complici: insomma, l’assassino non è chi ha sparato, e cioè il commerciante, ma i complici di questo. Nessuno fa il tifo per i ladri: non siamo di fronte a un film dove ci sono i buoni e i cattivi, indiani e cow boys: no, siamo nel nord est dei suicidi degli imprenditori, dei disoccupati; un popolo che in poche generazioni, da emigrante, ha ospitato immigrati, e che dovrebbe ricordare bene le lezioni che ha imparato in tutti i nord del mondo, quando gli italiani erano il sud. Un popolo che ora sta tornando a convivere con l’incubo della fine del mese sempre più lunga, delle fatture da pagare, delle aziende insolventi.
E concludo da dove ho iniziato.
Credo, temo e infine spero, per cause elettorali, questo partito stia sfidando logica, buonsenso e radici culturali cristiane, dicendo che la danza del ventre non s’ha da fare. Che rischia di turbare la serenità delle famigliole felici di razza padana.
È con queste piccole barbarie quotidiane che si crea l’isolamento, la lontananza, la paura e la diffidenza.
Ed è così che poi, soli, stretti all’angolo, si rischia di credere davvero che esista il buono e il cattivo.
E il cattivo, fatalmente, è sempre l’altro.

Cristiano Prakash Dorigo

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