giovedì 10 maggio 2012

anonima contraddizione


Cara anonima

Oggi c’è un bel fresco.
Di quelli che, fosse inverno, sarebbero puliti, tersi, e farebbero uscire il vapore dalla bocca come si stesse fumando.
Pensavo a questi fenomeni di trasformazione chimica: credo che il vapore sia dovuto alla differenza tra il freddo del fuori e il tepore del dentro.
Il respiro, fonte di vita, impercettibile movimento involontario, si mostra pudicamente attraverso un impalpabile vapore.
Che di suo non ha nessuno scopo.
E che svolge la sua funzione in totale assenza di convenienza diretta.

Ieri parlavo con una persona molto cara, ci raccontavamo questioni personali.
Da quel parlare che fa male e bene insieme, ci si diceva del grado di intimità che ci si concede, nel considerare quel che vivendo, capita. Di come si desidera attraverso il filtro della propria intera vita; della verità vera- quella parte che si è in grado di percepire- che si censura, come si fosse costretti ad accettarne solo una parte.
I pensieri che avrei voluto esprimere, sono arrivati dopo.
Pensavo ad esempio alle difese che mettiamo in atto: le difese che ergiamo a protezione del nucleo centrale, che non si può denudare.
Lo scandalo della nudità.
Giochiamo a vivere in bilico tra l’autenticità e l’opportunità. E bada bene, non mi riferisco alle convenzioni sociali che regolano la convivenza civile.
Quali paure ci trattengono dall’esprimere quel che sentiamo?
Ma quel nucleo vitale lavora e incamera le esperienze, le unisce e rimodella.
Non saremo mai più quel che siamo appena stati: è già passato, subito dopo il suo turno.
Andato, sparito, volato.

 Domenica ero a Caorle.
Camminando sulla passeggiata che porta alla “Madonnina”, caratterizzata dagli scogli-sculture, guardavo cielo e mare.
Dalla parte del levante qualche nuvola, lontana e remota, macchiava una porzione di quel cielo distante.
Sopra e verso ponente, invece, l’azzurro tendente al crepuscolo, lasciava vedere lontano, fino alla linea dell’orizzonte. Dove mare e cielo si congiungono.
Il sole calava proiettando luce sul mare, che galleggiava brillante e viva.
Attorno a me un chiacchiericcio domenicale, indifferente.
Forse vivevano quell’emozione senza bisogno di frapporre silenzio, distanza.
Tutto fuso insieme, senza fatica.
La vita sembrava leggera; o meglio, lo era.
In quella leggerezza alzarsi e lievitare non avrebbe sorpreso nessuno. Chissà dall’alto come sarebbe stato. Un bel fresco come oggi a completare la scena.
Nella tua ultima parlavi di interpretazioni, di circostanze, di impossibilità di mentire a te stessa.
E queste considerazioni le sento molto vicine a quel che anch’io vivo.
A meno che non sia costretto al contrario, sono quel che sono. In qualsiasi circostanza, con chiunque.
In modo ormai naturale, consapevole che pagherò un prezzo, forse, ma che ormai ho scelto: non posso che essere sempre presente: in ogni parola, pensiero, fatto.
E questa vicinanza con la responsabilità diretta nell’agito, mal che vada, m’inquieta, agita, stordisce, ma mai delude.
Sono una contraddizione verticale, un tutt’uno che convive col paradosso incistato nelle ossa.

Oggi è freddo il tempo varia in continuazione da nuvoloso ad assolato.
Ora è sole, poi nuvole, forse pioggia.
E non ci posso far niente; e non voglio nemmeno.
Se fosse sempre sole, che noia.
Non si apprezzerebbe più, diventerebbe scontato, obbligatorio.
E quando si vive dando per scontata ogni azione, e si anticipano parole e pensieri, la vita ha esaurito il suo ciclo.
Conviene fermarsi e ricominciare.

Cara anonima, finisco così.
Attendo la tua risposta, se vorrai.
Ciao

Cristiano Prakash Dorigo

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