giovedì 17 maggio 2012

anonima e cerchio



Se immagino il tempo, la forma che mi viene è un cerchio.
Se penso per esempio alla fine dell’anno, cui ne seguirà un altro, il prossimo, anche volendolo guardare, non ne vedo che un piccolo pezzo. L’orizzonte arriva fino a dove il cerchio s’incurva; oltre, l’ignoto.
La maggior parte del futuro, accettando questa convenzione – quella cui sopra che descrive la curva continua del tempo – è perciò un divenire sconosciuto.
Il cerchio è una figura adatta a rappresentare il tempo in quanto inizia e finisce in qualsiasi punto. E credo sia per questo che lo immagino così.
Si comincia nascendo, e da subito ci si incammina verso.
La dimensione del cerchio però non la si conosce: si sa soltanto che è un percorso da intraprendere.
E camminando verso l’ignoto conviene affidarsi al cammino stesso, senza tanto perdersi in sofismi e animosità, che tanto nessuno sa cosa ci sia, oltre la curva.
Il tempo che è stato è passato; cosa mai ne abbiamo fatto, è un nostro cruccio, un pentimento o una piena soddisfazione che però non appartiene più al nostro presente. S’è probabilmente accasato nell’inconscio e verrà talvolta a manifestarsi attraverso qualche bizzarria, o sogno, o incubo, o gastrite.
E anch’esso era nel cerchio, oltre quel che possiamo vedere seppur voltandoci, rischiando peraltro il torcicollo.
Quello che sarà appartiene all’immaginazione, all’harem dei desideri, al venire misterioso oltre la curva. Possiamo ipotecare energie e voglie, posticipare qualcosa che ora non vogliamo o sappiamo fare, ma sarà solo uno sterile procrastinare.
Quello che invece è, nell’ottica del qui e ora, è tutto. Non esiste altra dimensione che ci possa interessare se non sfruttare questa benedizione. Noi gli apparteniamo ed esso ci appartiene; fusi e intimi, ci preoccupiamo soltanto di occuparcene. Domani però sarà una giornata dura? Domani, quando verrà, ce ne occuperemo; ora siamo impegnati nell’adesso.
Le curve che venivano, e quelle che verranno, saranno vissute al loro momento.

No, non ti preoccupare, non mi sono convertita ad alcuna fede. Cercavo, questo sì, di descrivere la dimensione cui aspiro. E scrivendo riesco a stare qui, senza pensare a tutto il resto che non sia invece pertinente e contingente a quello che ti voglio dire.
È una forma di trance per cui, davvero, riesco a fare quel che voglio senza preoccuparmi troppo del resto del mondo: quello grande, enorme, e quello più piccolo, il mio personale.
E vi aspiro perché davvero, provare per credere, se sto, semplicemente, non sono sommersa dai soliti rimpianti, dolori, passioni, desideri, afflizioni, di cui non avrei bisogno, ma che caratterizzano, costantemente, il mio vissuto.
La scoperta è che il male e il bene che sento, e che credo provenga da altri, nasce invece in me. E la stima, l’odio, la noia, il ribrezzo e l’amore, sono forse proiezioni di quell’interiorità che si preoccupa solo di preoccuparsi.
Sto girando in tondo. Mi sto ubriacando di parole per riuscire a spiegare un concetto che mi è ormai chiaro, e che vorrei raccontare per condividerlo.
Ma no, in fondo raccontare l’esperienza, la svilirebbe e, a contatto con la luce e l’aria, provenendo da caverne nascoste, si ossiderebbe; come fa il burro o la mela, che presa un po’ d’aria, si scurisce.

Rileggo queste righe dopo qualche giorno.
Ho dovuto aspettare qualche giorno, appunto, per riprender il ritmo che ci vuole.
La mattina m’alzo ad una certa ora, e tutta la giornata è ad una cert’ora.
Ritmi cadenzati.
Oggi però è una giornata diversa.
La sto vivendo con pienezza, osservando la religiosità di ogni piccola cosa. Come con una lente vedo i particolari; e così facendo tutto ha un senso.
Tutto ha un senso significa ordine.
Quando tutto invece lo perde, il senso, allora vige il disordine.
La fretta è la matrigna della nostra vita e non ci fa vedere ma solo guardare.
Oggi vedo i gesti e le ragioni degli stessi.
Sono perfettamente attenta ad ogni piccolo gesto che, ad esempio, in questo momento si manifesta in dita che ballano sui simboli della tastiera.
Partono gli ordini dal cervello che pensa ad una parola; l’ordine corre giù attraverso i canali del sistema nervoso; che si muovono con prontezza compiendo un percorso logico e repentinamente giungono ai polpastrelli delle dita; queste, dopo che l’occhio individua il posto preciso, toccano morbidamente la superficie dei tasti.
Quando sono attenta sono un essere religioso.
Perfettamente a mio agio con tutto.

Vorrei finire qui. Magari riprendo con la prossima.
Nel frattempo, se stiamo ancora giocando entrambi, risponderai.
Un pudico ciao a te e a chi leggerà.

anonima

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