giovedì 8 marzo 2012


Ho ripescato questo vecchio post risalente ad un periodo in cui i blogs erano molto frequentati, prima di facebook e twitter. Allora ci si frequentava senza sapere che aspetto e che età si aveva: eravamo solo nomi o nicks, senza corpo, senza volto.
Era anche prima che iniziassi a scrivere libri: ora il mio amico è più soddisfatto, anche se sa, perché ad un amico si dicono certe cose, che scrivere libri, per molti, non cambia le cose.
Lascio tutto com'era allora.
L'amico si chiama Luigi.



Caro amico,
visti affetto e stima che ci legano ormai da anni, meriti una risposta esaustiva su questa faccenda del blog, che tu, come hai avuto modo di scrivermi in almeno un paio di occasioni, detesti. Essendo però questa una lettera aperta, che pubblicherò anche sul blog, è forse opportuno spiegare l’antefatto.

Antefatto:
il mio amico non ce l’ha col blog in sé; ce l’ha con me in particolare. Dice infatti che questa forma di scrittura, perché il mio è un esercizio di scrittura più che un diario, mi toglie tempo ed energia a quella vera e seria, che lui apprezza davvero. E aggiunge senza enfasi, parlandone come di un qualcosa che è, non che sarebbe in un’ indefinita accezione dubitativa, una forma di compensazione immediata. Sembra dire, con le sue parole, che è facile così: ci si fa conoscere in giro, si fanno delle visite di cortesia che poi, di solito, vengono contraccambiate; si crea così facendo una sorta di vincolo basato su una reciprocità malata; una specie di scambio, di baratto: io do un po’ a te, tu a me. E paragona tutto questo scambio di affettività, non come una libera circolazione di singole persone libere che vanno e fanno e scrivono quel che davvero vogliono e pensano, ma piuttosto di un’accolita di frustrate/i che si scambiano pacche sulle spalle:” hei ciao, come va? Oggi ho mal di pancia; ohhh poverino, fossi là ti massaggerei io; oggi sono triste; ma dai, suvvia, ci siamo qui noi”.
Il mio amico però è una persona intelligente e, lo ripeto, non dice, o meglio sottintende, tutto ciò perché è contrario all’azione consolatoria o all’amicizia o amore nati in rete; no, no, lui ce l’ha con me che invece di concentrarmi sulla scrittura, mi faccio drogare da questo strumento che compensa, a mò di placebo, la difficoltà di confrontami con la vera scrittura e la vera critica e la vera frustrazione.
Non ricorda la cifra esatta, mi dice, ma ogni anno ci sono una marea di prime opere; spesso di scarso valore artistico e,cassius clay, perché non potresti anche tu esordire; o provarci, almeno.
Questo, credo, voglia dire il mio amico.

E adesso?
E adesso come la mettiamo? Lui ha alcune ragioni assolutamente legittime.
La prima, inoppugnabile, invincibile, bella e fresca, è quella di volermi bene e di volere, perciò, il mio bene. E anch’io gliene voglio.
Ci sentiamo davvero amici e fortunati di sentirci tali e gustiamo il privilegio di sentirci tali come chi sa che è in possesso di una rarità.
L’amicizia è rara e preziosa in quanto, così come l’amore e poco altro, accade. La si può cercare, volere, desiderare, bramare, ma accade di suo, con un’indipendenza vicina allo snobismo.
E allora, adesso, qui, devo espormi e dire come la penso per davvero.
Lo faccio perché lui se lo merita, e perché in tre mesi e mezzo, più di mille passaggi meritano riguardo.
La prima cosa che dichiaro è che non sono il tipo adatto al compromesso. Perciò mai mi adatterò alla regola imperante e alle ruffianerie di circostanza.
Devo per altro ammettere che in effetti, di ruffiani, non ne ho incontrati molti in giro per la rete.
Ho invece incontrato persone senza talento, riferito alla scrittura; ma non esiste uno statuto per cui si debba scrivere solo se provvisti di talento. E perciò questa è una considerazione personale e non vincolante ad alcunché.
Quindi, riassumendo quanto appena scritto: scrivo perché mi piace e spero di farlo al meglio.
Poi, devo ammetterlo, da quando ho iniziato a postare sul blog, la mia scrittura preferita, quella dei racconti e del “progetto romanzo” che riposa in una cartella sul pc, latita e langue.
Ed è altrettanto vero che ho poco tempo e se quel poco lo dedico interamente al bloggare, il resto va a puttane.
Vero, inconfutabile.
Verità.
Quindi, caro amico e bloggers di passaggio, credo limiterò la mia presenza ad un paio di volte la settimana al massimo.
Sì, perché è inutile che neghi che questo di bloggare fa presto a diventare vizio, dipendenza.
E io non voglio che mi succeda questo. Assolutamente no, porca trottola.

Conclusioni:
sono una persona con un’età anagrafica che mi vorrebbe adulto. Sono sufficientemente equilibrato, nel senso che i miei disequilibri sono sotto controllo.
Dentro me convivono istinto e sentimento e intelligenza che si contendono il primato, senza però voler male a chi di volta in volta soccombe.
Sono socialmente introdotto per finta.
Le mie anarchie lavorano silenti ma efficaci.
La mia rivoluzione cresce e contagia senza chiasso.
La scrittura è strumento che domo senza sapere come.
Le parole non mi mancano mai anche se bramo al silenzio.
Vorrei continuare a scrivere seriamente e a bloggare allegramente.
Vorrei che il mio amico capisse e so che così sarà.
Quasi tutto quel che voglio l’ho a portata di mano e spesso non so quel che voglio.
Sono un paradosso di un metro e settantacinque circa; o forse un centimetro o due in meno.
Sono un quarantenne con ancora più capelli neri che bianchi.
Sono un bambino nei sentimenti e un adulto nell’esprimerli.
Sono un padre pieno di dubbi e traboccante di buona volontà e amore.
Non odio più ma non so ancora se perché è così spiacevole tollerare dentro qualcosa di cattivo.
So bene che ogni sentimento è in me e che il bello e il brutto sono gli estremi della stessa cosa.

Quindi:
bloggherò con parsimonia rinunciando a diventare il più famoso e apprezzato blogger del mondo perché in fin dei conti non mi interessa più di tanto.
Dedicherò più energie alla scrittura che pubblicherò, forse mai, o su di un libro o niente.
Mi spenderò nella ricerca di “chi sono io ?” come ho sempre fatto da un bel po’ di anni a questa parte.
Visterò gli altri blog e commenterò solo se convinto, e non per ribadire che ci sono; e sono vivo, anche.
Sei soddisfatto, almeno un po’, caro amico?
Attendo una risposta.

Cristiano Prakash Dorigo

Nessun commento:

Posta un commento