martedì 10 aprile 2012

sogni e incubi padani


In un mio racconto c’era un brano che parlava di un ragazzo ( di questi tempi si rimane sempiterni ragazzi) che viveva a nord est, il quale decideva, dopo aver preso atto che un altro “ciclo” di vita si era concluso, che avrebbe dovuto iniziare di nuovo.
Posto poche righe nelle quali racconta “di aver trovato se stesso”…

“E ho trovato me, credo. Che poi non so bene cosa sia sta cosa di trovare sé stessi: mi sembra- giusto per usare parole semplici che so già non riusciranno a spiegare una cosa difficile, anche se in realtà io mi capisco benissimo- come quando magari piove e si sa che anche se si è fradici, entro poco tempo si rientra a casa e ci si farà un bagno caldo. A me pare qualcosa di simile a questo.
Sono sempre vissuto facendo e disfacendo. Il fatto di aver trovato, mi ha persuaso a rimanere.
Benché sappia bene che, ovunque vada, ora ho me.
E mi vien da ridere pensando che è successo a Susegana, nord est, terra e popolo dalla mistica, ben che vada, padana”…

Ne scrivo perché da pochi giorni è iniziata la querelle giudiziaria leghista: cominciata in Lombardia, regione virtuosa, ricca,  ciellina, corrotta.
Questa indagine farà uscire una verità che tutti conoscevamo, la cui conferma però, al solito, sconvolge come fosse inattesa. Quando dico “sapevamo”, sostengo una triste realtà a cui siamo cinicamente abituati: il potere corrompe, a prescindere, è diventato un triste luogo comune.
L’Italia, negli ultimi decenni, si è ripiegata su se stessa, ha accettato la logica che tutti possono avere un’opportunità, indipendentemente dalle virtù, per una sorta di fortuna: se nasci figlio di, se sei amico di, sa vai a letto con, e tutta una serie di altri se.
Il degrado civile, la “bistorsione” morale, le facce e i corpi di vecchi che usano facce e corpi di giovani come trofei, passatempo, antistress; la collocazione in posti strategici di personaggi caricaturali, dalle competenze inesistenti, dall’incapacità di formulazione di un pensiero compiuto, hanno trasformato una nazione in un territorio occupato da risate grasse, da insulti a raffica, da toni urlati, da metafore sessuali adolescenziali.
Un’ubriacatura di godimento, una barzelletta i cui personaggi fanno ridere e piangere hanno riempito i canali comunicativi, slabbrato menti stanche, afflosciato ogni resistenza.
In questo climax, tutto è possibile: anche l’impossibile.
E allora i capetti rinvigoriti dall’ebrezza di un potere onnipotente,  hanno fatto a gara nel prefigurare mondi. Alcuni somigliavano a un luna park sempliciotto, pacchiano, dove la meraviglia è colorata, luccicante, abbagliante. Altri invece descrivevano potenziali libertà.
Già, benessere e libertà.
Il benessere cos’è?
La libertà da cosa, e di fare cosa?
Mai una risposta seria, solo slogan, promesse, neologismi.
Padania non esiste, eppure non ho saputo non scriverne; io che me ne sentivo immune, che mi credevo capace di parlarne senza cadere nella trappola di quella grammatica sgrammaticata, di quella sociologia e antropologia circense, di quella psicologia da primate.
Anch’io ho scritto di “mistica padana”.
Anch’io ho concesso alla mia intelligenza di prendersi una vacanza nella Milano da chiavare.

Cristiano Prakash Dorigo

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