Qualcuno
conosce Manuel Agnelli di persona? O uno dei componenti degli afterhours? O se
non personalmente, sa dovrei potrei recapitargli il mio libro?
Non
so se è frutto di superbia, di sopra o sottovalutazione, di fantomatiche
affinità, ma almeno i titoli, hanno un nesso tra loro: “padania” e “homo
sapiens nord est”.
Cosa
racconta il mio libro? Non posso e non voglio entrare nel particolare, nello
specifico e rivelare il contenuto, ma qualche pensiero a lato, posso
esprimerlo. Magari in forma epistolare, come stessi scrivendo proprio a Manuel,
persona che non conosco, che non è il mio idolo- non ne posso avere, da
sempre-, ma che rispetto e stimo- questo sì, riesco a concedermelo senza
sentirmi ridicolo, senza l’appiccicosa brutta sensazione di avere un approccio
giovanilistico, che non ho più da decenni-.
Caro
Manuel,
credo
stiamo uscendo da un periodo storico che aveva i contorni di un incubo
travestito da sogno, in cui la verità e la realtà somigliavano a uno stacco
pubblicitario, e tutti cercavano di fare di tutto per sembrare qualcuno che
somigliava ai protagonisti di quegli spot. Il concetto di carriera,
corrispondeva con l’essere sulla bocca di tutti indipendentemente dalla
ragione. Il benessere consisteva nell’accumulo di beni inutili e nel poterli
mostrare a più gente possibile, a condizione però che non fossero persone
indesiderate. Le persone indesiderate cambiavano a seconda della collocazione
geografica, ma non mancavano mai.
La
padania comprende anche il nord est, e tutti veniamo dall’homo sapiens, anche
se spesso, non so se a tutti, ma a me sì, è parso quanto mai presente nel
nostro vivere come se “o si fotteva o si veniva fottuti”.
Si
è smarrita la coscienza, la consapevolezza che siamo esseri la cui missione è
procreare e farsi compagnia. Ci si è infarciti di ideologie, di credenze, di
superstizioni, di abitudini; a tal punto, da aver perso il ricordo che eravamo
qualcun altro, un tempo.
E
abbiamo imparato a correre senza fermarci mai, senza chiederci più il perché
correvamo, senza più bisogno di riprender fiato, e soltanto perché ci si diceva
che così doveva essere.
E
adesso invece stiamo entrando in un altro mondo, in una nuova dimensione.
Certo, dovremo morire per poter rinascere, dovremo capire che certe grasse
risate non hanno ragione di essere, che non dobbiamo solo consumare ma anche
vivere, amarci invece di farci paura, tornare a essere intelligenti e pensanti
invece che ottusi e deficienti.
Manuel,
non so se il mio libro riesce a raccontare tutto questo, questo disagio, questo
manifestare solo sintomi. Lo fa attraverso una galleria di personaggi
plausibili, veri, archetipici.
Secondo
me, la funzione della letteratura è quella di aprire nuovi spazi, deflagrare o
anche solo penetrare dolcemente, a patto che ogni libro ci cambi un po’, ci
faccia scoprire nuovi orizzonti, ci apra nuove ferite e ci dia nuove gioie e ci
faccia sentire ancora l’amore.
Però,
per sentire, per percepire noi stessi e glia altri in termini non di
rendiconto, ma di piacere di stare insieme, di scoperta, di completamento,
dovremo accorgerci di aver perduto, di aver dimenticato, sotterrato il nostro
essere autentici, istintivi, non predatori, sotto strati e strati e strati di
inutilità.
È
stato un piacere scriverti, Manuel.
Non
so se leggerai mai il mio libro e, se lo facessi, se ti piacerebbe.
Ma
l’importante è che mi abbia consentito di comunicare con te e con i Manuel che
fortunatamente popolano questa nostra parte di mondo che, oltre a essere
doverosamente criticata e frustrata, ha bisogno di nuove idee, di nuovi
orizzonti, di ritrovare sé.
Cristiano
Prakash Dorigo
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