domenica 22 aprile 2012

Manuel Agnelli e homo sapiens nord est in padania


Qualcuno conosce Manuel Agnelli di persona? O uno dei componenti degli afterhours? O se non personalmente, sa dovrei potrei recapitargli il mio libro?
Non so se è frutto di superbia, di sopra o sottovalutazione, di fantomatiche affinità, ma almeno i titoli, hanno un nesso tra loro: “padania” e “homo sapiens nord est”.

Cosa racconta il mio libro? Non posso e non voglio entrare nel particolare, nello specifico e rivelare il contenuto, ma qualche pensiero a lato, posso esprimerlo. Magari in forma epistolare, come stessi scrivendo proprio a Manuel, persona che non conosco, che non è il mio idolo- non ne posso avere, da sempre-, ma che rispetto e stimo- questo sì, riesco a concedermelo senza sentirmi ridicolo, senza l’appiccicosa brutta sensazione di avere un approccio giovanilistico, che non ho più da decenni-.

Caro Manuel,
credo stiamo uscendo da un periodo storico che aveva i contorni di un incubo travestito da sogno, in cui la verità e la realtà somigliavano a uno stacco pubblicitario, e tutti cercavano di fare di tutto per sembrare qualcuno che somigliava ai protagonisti di quegli spot. Il concetto di carriera, corrispondeva con l’essere sulla bocca di tutti indipendentemente dalla ragione. Il benessere consisteva nell’accumulo di beni inutili e nel poterli mostrare a più gente possibile, a condizione però che non fossero persone indesiderate. Le persone indesiderate cambiavano a seconda della collocazione geografica, ma non mancavano mai.
La padania comprende anche il nord est, e tutti veniamo dall’homo sapiens, anche se spesso, non so se a tutti, ma a me sì, è parso quanto mai presente nel nostro vivere come se “o si fotteva o si veniva fottuti”.
Si è smarrita la coscienza, la consapevolezza che siamo esseri la cui missione è procreare e farsi compagnia. Ci si è infarciti di ideologie, di credenze, di superstizioni, di abitudini; a tal punto, da aver perso il ricordo che eravamo qualcun altro, un tempo.
E abbiamo imparato a correre senza fermarci mai, senza chiederci più il perché correvamo, senza più bisogno di riprender fiato, e soltanto perché ci si diceva che così doveva essere.
E adesso invece stiamo entrando in un altro mondo, in una nuova dimensione. Certo, dovremo morire per poter rinascere, dovremo capire che certe grasse risate non hanno ragione di essere, che non dobbiamo solo consumare ma anche vivere, amarci invece di farci paura, tornare a essere intelligenti e pensanti invece che ottusi e deficienti.
Manuel, non so se il mio libro riesce a raccontare tutto questo, questo disagio, questo manifestare solo sintomi. Lo fa attraverso una galleria di personaggi plausibili, veri, archetipici.
Secondo me, la funzione della letteratura è quella di aprire nuovi spazi, deflagrare o anche solo penetrare dolcemente, a patto che ogni libro ci cambi un po’, ci faccia scoprire nuovi orizzonti, ci apra nuove ferite e ci dia nuove gioie e ci faccia sentire ancora l’amore.
Però, per sentire, per percepire noi stessi e glia altri in termini non di rendiconto, ma di piacere di stare insieme, di scoperta, di completamento, dovremo accorgerci di aver perduto, di aver dimenticato, sotterrato il nostro essere autentici, istintivi, non predatori, sotto strati e strati e strati di inutilità.
È stato un piacere scriverti, Manuel.
Non so se leggerai mai il mio libro e, se lo facessi, se ti piacerebbe.
Ma l’importante è che mi abbia consentito di comunicare con te e con i Manuel che fortunatamente popolano questa nostra parte di mondo che, oltre a essere doverosamente criticata e frustrata, ha bisogno di nuove idee, di nuovi orizzonti, di ritrovare sé.

Cristiano Prakash Dorigo 

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