martedì 24 aprile 2012

crisi a nord est


Sono seduto di fianco all’ingegner Vocina, coi suoi baffetti, i suoi vestiti niente di ché, la sua ventiquattr’ore, la sua evidente inutilità. Di fianco a lui, ma lui non la vede- non vede niente di norma, nemmeno lo scorrere della vita; nota solo i suoi grafici, le sue pagine noiose, la sua monotonia-, tutto preso com’è a pensare che preferirebbe annoiarsi in pensione, una ragazza che è la rappresentazione della voluttà. Non si tratta solo del corpo, dei lineamenti, entrambi perfettamente consoni a sogni segreti, quanto della luce che all’interno dell’azzurro meraviglia degli occhi, le illumina lo sguardo suo malgrado. Quando ti guarda distrattamente, lei non sa di essere ciò che è: si crede una normale ragazza che studia, che fa le sue cosine con impegno, che si applica e si prende le sue distrazioni nel miglior modo possibile. Ad un certo punto si libera un posto e l’avvocato Costoletta, con slancio cavalleresco le cede il posto che sarebbe toccato a lui; gentilezza che l’ingegnere non conosce, non pensa, non si preoccupa di concederle udienza.
Procediamo per la solita tratta di pendolari schiavi che si credono liberi solo perché credono di determinare le proprie scelte in fatto di mobilio a rate, auto a rate, casa col mutuo, canali televisivi da scegliere. Il tempo scorre, scandito dalle stazioni della sterminata suburbia del nord est, dai minuti che mancano all’inizio delle attività cui ciascuno è destinato.
Improvvisamente, mentre ognuno è occupato nelle sue attività tipo lettura del giornale, del libro, della chiacchiera libera, della telefonata, del post su fb o twitter, si sente il sibilo altissimo e rabbrividente della frenata del treno. Al contempo si sente un sottofondo strano, una specie di strcrcchchcrccch , impronunciabile onomatopea che somiglia a quando con un grande peso si schiaccia qualcosa: si pensi, ad esempio, a quando con le ruote dell’auto si calpesta la carcassa di un gatto morto.
Quelli come me seduti dando le spalle al senso di marcia vengono schiacciati come poster al sedile; quelli seduti di petto al senso di marcia, vengono catapultati come lanciati con una fionda verso quelli seduto di fronte. Riesco a vedere l’esile avvocato Costoletta alzarsi in volo come non ci fosse gravità e sbattere contro la parete opposta, e con lui i molti pendolari che soggiornano in corridoio ogni mattina.
La bellissima fata turchina affusolata mette le mani davanti a sé per ripararsi, mentre l’ingegner Vocina devia il suo arrivo, verso di me. Me la trovo spiaccicata addosso, le sue meravigliose morbidissime tette ad altezza bocca, un ginocchio sullo sterno, un piede sul ginocchio, il suo sguardo di puro stupore sul mio. Intorno panico, grida, mugugni, bestemmie, lamenti, pianti. Siamo tutti schiacciati gli uni sugli altri, il disagio, il panico, lo shock, le lacrime, il sangue, il vomito, l’estasi.
Sono l’unico che si gode l’incidente, sento il suo odore di ascesi, la sua morbidezza, la sua tenace innocenza schiacciarmi.

Siamo ormai fermi da un’ora: ambulanze, polizia, vigili del fuoco, carabinieri: circola una voce: un imprenditore e i suoi sette operai si sono buttati da un cavalcavia poco prima che arrivasse il treno. La crisi ha prodotto, nle primo trimestre del 2013, quattrocento morti suicidi.
Il nord est è l’area europea con più alto numero di suicidi, superiore a Grecia, Spagna, Francia, Portogallo.
Ricordo un servizio di report in cui si vedeva un finanziere che si fregava le mani alla notizia della catena di default europeo.

Cristiano Prakash Dorigo

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