giovedì 23 agosto 2012

Il compleanno, il funerale, l'orient express

Strane cose accadono.
Il giorno del mio compleanno ho preso il treno delle 7.33, sono arrivato a Venezia, preso il vaporetto, mi sono fermato a fondamente nuove, ho acquistato i fiori, ripreso il vaporetto, mi sono recato al cimitero-isola di San Michele-.
Prima di andare al funerale sono andato a portare dei fiori alla tomba di mia madre, ho pulito un po' il marmo, ho fatto una foto. Il caldo spaccava già la testa, e mi sembrava di essere in un film, o in un romanzo, in cui silenzio e sole provocano l'incipit di un'allucinazione.
Poi ho raggiunto la fermata del vaporetto, dove era già arrivata un po' di gente, ho chiacchierato con qualcuno dei presenti fino all'arrivo della lancia funebre- la lancia, per chi non lo sapesse, è il taxi veneziano; e in quanto tale, in qualità cioè di mezzo veloce e agile, svolge anche la funzione di ambulanza, di mezzo delle forze dell'ordine, dei pompieri, del trasporto bare-.
Mi sono recato alla cerimonia, mi sono commosso, asciugato gli occhi, alzato e seduto, meditato sul fatto che, secondo il prete, solo chi è battezzato potrà godere del favore di Dio, una volta morto. Ho pensato a quanto, tutto ciò, abbia indotto la gente, e con questa intendo ovviamente i non credenti, alla scaramanzia: che ci si un dio nei cieli che vede e provvede, o meno, io nell'incertezza battezzo i miei figli.
Io invece non ho battezzato la mia; e comunque credo che il Dio misericordioso, il padre di Gesù Cristo il compassionevole, non la escluderebbe mai, una persona incolpevole, come un figlio di genitori non credenti.
Con gli anni apprezzo molto alcuni passaggi del vangelo, capisco il bisogno di consolazione e i cuori addolorati di chi perde una persona cara; mi piacerebbe in qualche modo abbandonarmi alla certezza della resurrezione, del paradiso, del dio padre; ma queste non sono scelte razionali: si può credere con tante buone e cattive ragioni; allo stesso modo, specularmente, si può non credere.
Dopo la messa siamo andati alla sepoltura. Il caldo era estenuante, la scena straziante, ma molto affascinante, essenziale nella ripetuta ritualità.
Mi sentivo pieno, con un ulteriore vuoto, e il dolore, seppur comunque mitigato dal rapporto con la persona, era compensato dall'emozione di essere lì, a rimpiangere una persona cara. A poca distanza da dove mia madre è seppellita; ricordando il suo funerale, la sua morte, con grande dolcezza.
Inizio e fine, vita e morte, sotto un sole spietato, in un'isola cimitero, il giorno in cui molti ani fa sono nato.
Mentre scrivo queste righe così come vengono, penso alla necessità della letteratura, al suo fascino, alla sua capacità di farci riconoscere l'essenza, la necessità, l'inutilità, gli sforzi, il percorso, le scelte, i sentimenti, i pensieri, senza i quali la vita e la morte sarebbero solo due date senza niente in mezzo.

Al ritorno ho accettato un passaggio su una lancia-taxi chiamata da una conoscente. Correre a velocità sostenuta in laguna, circondato, nel raggio di pochi chilometri, da Murano, San Michele, Venezia centro storico, l'aeroporto, Mestre, la zona industriale di Marghera, restituisce alla mente la genialità e la miseria umane, a trecentosessanta gradi.
Sono sceso in stazione eccitato, accaldato, abbattuto, rattristato, euforico, ebbro, svuotato: ero simultaneamente un'evidente concentrazione delle contraddizioni che muovono e bloccano la condizione umana.
Ho guardato il tabellone. Il mio treno era al binario sette. Ho chiuso gli occhi, ascoltato il lavorio letterario: la fascinazione del viaggio, il bisogno di cambiare, il richiamo delle certezze, il bisogno di affetto.

L'altoparlante dava l'imminente partenza dell'orient express, direzione Istambul.
Il corpo si muove svelto, cammina verso il  binario sette, ignorando la tentazione di partire e non tornare mai più.
Salgo, mi siedo, aria condizionata sparata. Il gelo mi risveglia, torno in me, mi metto comodo, mi dico che sono fortunato a sentire quel che sento, e che il talento del vivere non si misura con la statistica dei banchieri.

Alla sera aperitivo e pizza con pochi amici.
La notte, prima di addormentarmi, penso alla giornata.
Penso che potrei essere in viaggio per Istambul.
Il sonno arriva sudato, spossato, ma impercettibilmente felice.
 

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