Questa
giornata è una bella giornata e io devo pigliare quel che arriva con la grazia
di chi non giudica, ma accoglie e sorride.
Sembra oramai un mantra, questo. Ma perché non dovrei
accettare i consigli del terapeuta: una formula salvifica è positività; ci
metterà del tempo ma crescerà e lascerà un segno inciso nell’animo.
Quest’altro
consiglio non lo so accettare e alla mattina, appena alzata, mi prendo solo un
caffè, nero e dolce, e fanculo.
Dovrei passare ai cereali e alle fette biscottate integrali con la marmellata
biologica e il tè verde. Dovrei ma non c’entra, cazzarola.
Poi
subito la sigaretta, tanto per far andar via quell’oppressione ai polmoni che
schiaccia col vigore d’una pressa. La prima cicca è una delle cose belle della
mia vita: tiro forte, tirate luuunghee, che occupano immediatamente tutte le
distonie dei polmoni che si lamentano. E poi la pace, l’ansia che si placa e
ridiscende dentro fino a diventare lontano ricordo che ogni tanto ricompare.
Non
è molto elegante, ma lo dico lo stesso, tanto mica va su un giornale rosa sta
specie di diario a pezzi: la sigaretta me la fumo in bagno, mentre faccio i
bisogni mattutini. E’ il vantaggio di abitare in campagna, con le case ancora
grandi che hanno almeno tre bagni. E questo è solo mio. Mia madre e mia sorella
ne hanno anche loro uno ciascuno, così ci posso fare quello che voglio qua
dentro. Finalmente riconquisto la libertà dopo anni di sacrificio; mi sono
tenuta dentro tutto, tutto soffocato là sotto, perfino a cagare ci andavo
quando ero sicura che non c’era nessuno in casa; per paura di far rumori
molesti, o puzza.
Proprio
pensieri da cesso mi vengono alla mattina, altro che bella giornata. C’è questa
rabbia che esplode così senza preavviso e che mi regala pensieri che non vorrei
pensare e mi fa dire, nel silenzio di questi, parole che mai vorrei udire da
alcuno; specialmente me stessa. Ma poi passano; “è forse la tazza che evoca il
piacere anale che ritorna con la sua semplicità, complicata ad arte dalla
morale e dalla cultura occidentale”.
Ma
che bei pensierini da convegno che mi vengono mentre me ne sto qua seduta, con
sta cicca fumante tra le dita.
Finito,
via sotto la doccia.
“sono
un corpo umido d’acqua e vapore/sono nascosta dentro a questa nebbia/mi vedi e
non mi vedi/ ci sono o forse no/sono solo un sogno/ che si rivela un poco/ per
suscitare domande/ per scaturire risposte”.
C’è
chi canta, in doccia; io no, m’immagino d’essere una che scrive canzoni e a
seconda di chi me la commissiona, scelgo un particolare stile. E anche perché
ho sempre freddo e questo comporre canzoni mi distrae dalla temperatura che mi
penetra la pelle e arriva fino alle ossa e poi ancora oltre, a dare l’allarme
alle interiora.
Terminata
la doccia inizia il supplizio: devo decidere cosa mettermi addosso; ed è
una logorante guerra quotidiana,
una di quelle cose che, in certe giornate mi spossano ancor prima d’uscire.
Oggi non dovrei avere riunioni quindi una qualsiasi cosa dovrebbe andar bene a
patto che sia almeno decente. Che poi lo so che non sono gli ometti che s’accorgono
come mi vesto e se tutto è intonato, ma quelle mezze vacche delle mie colleghe;
le regine del brusio, le star del chiacchiericcio.
Va
bene, decido per il blu, che tutti mi dicono mi stia bene e basta.
Questi
jeans mi stanno proprio bene, con quello che son costati, ci mancherebbe; poi
son di moda e coordinati con i gemelli blu scuro sono a posto. Adoro sentire
questa lana pregiata sulla pelle, passarci le mani sopra facendo finta di
sistemarmi, ma in realtà soltanto per posarci le mie mani sopra e affondare sul
morbido.
Un
trucco leggero e una spazzolata ai capelli che speriamo resistano fino a sabato
che c’ho l’appuntamento dal parrucchiere.
Prima
di uscire devo dare un’occhiata all’agenda e fare il punto della situazione;
l’altro giorno Gianluca e Susi m’hanno invitato al cinema con tutta la
compagnia e io, come una scema, a dire sì, sì; con una faccia che si vedeva
lontano un chilometro che non c’ho mai niente di bello da fare, solo impegni, e
corsi, e palestra, e teatro, ecc.
Il teatro, un posto e un tempo per provare emozioni vere,
per farmi uscire da sta monotonia, da sto appiattimento cui assisto come fossi
sempre a teatro; spettatrice al di qua del proscenio della mia vita: uno
spettacolo scadente, con pochi applausi.
E
insomma quella sera che dovevo andare al cinema e poi, magari, a fare tutti
insieme un bello strip poker: io che perdevo apposta e davanti a tutti, un
pezzo alla volta, togliere con la finta calma pacchiana delle spogliarelliste,
gli indumenti. E sentire che quelli che mi guardano si eccitano, gli si
gonfiano i pantaloni. E le donnine gelose, perché sentono quest’elettricità che
tutti investe.
“La
fortuna di essere femmina, di poter scegliere chi voglio quando ne ho voglia”
“Ma
la mia voglia ha una qualità diversa, e sorge solo se sono desiderata”
“Non
so come fate, ma quando volete, inducete il desiderio in noi maschi”
“sono
solo parole e pensieri tipicamente maschili. La realtà è molto più complicata e
difficile”
“la
realtà è la rappresentazione che noi diamo della nostra soggettiva visione
delle cose”
“certo.
Sono un po’ stanca, ti spiacerebbe riaccompagnarmi al parcheggio della pizzeria
che prendo la macchina e torno a casa?”
“veramente
speravo riuscissimo a stare un po’ insieme stasera”
“anch’io,
ma non mi sento tanto bene. Scusa”
Mentre
raggiungo la macchina per andare al lavoro, penso che ormai ho superati i
trenta, che i miei sogni stanno diventando materiale effimero fuori moda, che
se non mi muovo non diventerò mai madre, che continuerò a vivere con mia
sorella e mia madre, che il calore e l’amore di cui penso di aver bisogno li
leggerò sui romanzi.
E
che non smetterò mai di fumare.
Cristiano
prakash dorigo
Nessun commento:
Posta un commento