mercoledì 22 febbraio 2012

questa giornata


Questa giornata è una bella giornata e io devo pigliare quel che arriva con la grazia di chi non giudica, ma accoglie e sorride.
Sembra oramai un mantra, questo. Ma perché non dovrei accettare i consigli del terapeuta: una formula salvifica è positività; ci metterà del tempo ma crescerà e lascerà un segno inciso nell’animo.
Quest’altro consiglio non lo so accettare e alla mattina, appena alzata, mi prendo solo un caffè,  nero e dolce, e fanculo. Dovrei passare ai cereali e alle fette biscottate integrali con la marmellata biologica e il tè verde. Dovrei ma non c’entra, cazzarola.
Poi subito la sigaretta, tanto per far andar via quell’oppressione ai polmoni che schiaccia col vigore d’una pressa. La prima cicca è una delle cose belle della mia vita: tiro forte, tirate luuunghee, che occupano immediatamente tutte le distonie dei polmoni che si lamentano. E poi la pace, l’ansia che si placa e ridiscende dentro fino a diventare lontano ricordo che ogni tanto ricompare.
Non è molto elegante, ma lo dico lo stesso, tanto mica va su un giornale rosa sta specie di diario a pezzi: la sigaretta me la fumo in bagno, mentre faccio i bisogni mattutini. E’ il vantaggio di abitare in campagna, con le case ancora grandi che hanno almeno tre bagni. E questo è solo mio. Mia madre e mia sorella ne hanno anche loro uno ciascuno, così ci posso fare quello che voglio qua dentro. Finalmente riconquisto la libertà dopo anni di sacrificio; mi sono tenuta dentro tutto, tutto soffocato là sotto, perfino a cagare ci andavo quando ero sicura che non c’era nessuno in casa; per paura di far rumori molesti, o puzza.
Proprio pensieri da cesso mi vengono alla mattina, altro che bella giornata. C’è questa rabbia che esplode così senza preavviso e che mi regala pensieri che non vorrei pensare e mi fa dire, nel silenzio di questi, parole che mai vorrei udire da alcuno; specialmente me stessa. Ma poi passano; “è forse la tazza che evoca il piacere anale che ritorna con la sua semplicità, complicata ad arte dalla morale e dalla cultura occidentale”.
Ma che bei pensierini da convegno che mi vengono mentre me ne sto qua seduta, con sta cicca fumante tra le dita.
Finito, via sotto la doccia.
“sono un corpo umido d’acqua e vapore/sono nascosta dentro a questa nebbia/mi vedi e non mi vedi/ ci sono o forse no/sono solo un sogno/ che si rivela un poco/ per suscitare domande/ per scaturire risposte”.
C’è chi canta, in doccia; io no, m’immagino d’essere una che scrive canzoni e a seconda di chi me la commissiona, scelgo un particolare stile. E anche perché ho sempre freddo e questo comporre canzoni mi distrae dalla temperatura che mi penetra la pelle e arriva fino alle ossa e poi ancora oltre, a dare l’allarme alle interiora.
Terminata la doccia inizia il supplizio: devo decidere cosa mettermi addosso; ed è una  logorante guerra quotidiana, una di quelle cose che, in certe giornate mi spossano ancor prima d’uscire. Oggi non dovrei avere riunioni quindi una qualsiasi cosa dovrebbe andar bene a patto che sia almeno decente. Che poi lo so che non sono gli ometti che s’accorgono come mi vesto e se tutto è intonato, ma quelle mezze vacche delle mie colleghe; le regine del brusio, le star del chiacchiericcio.
Va bene, decido per il blu, che tutti mi dicono mi stia bene e basta.
Questi jeans mi stanno proprio bene, con quello che son costati, ci mancherebbe; poi son di moda e coordinati con i gemelli blu scuro sono a posto. Adoro sentire questa lana pregiata sulla pelle, passarci le mani sopra facendo finta di sistemarmi, ma in realtà soltanto per posarci le mie mani sopra e affondare sul morbido.
Un trucco leggero e una spazzolata ai capelli che speriamo resistano fino a sabato che c’ho l’appuntamento dal parrucchiere.
Prima di uscire devo dare un’occhiata all’agenda e fare il punto della situazione; l’altro giorno Gianluca e Susi m’hanno invitato al cinema con tutta la compagnia e io, come una scema, a dire sì, sì; con una faccia che si vedeva lontano un chilometro che non c’ho mai niente di bello da fare, solo impegni, e corsi, e palestra, e teatro, ecc.
Il teatro, un posto e un tempo per provare emozioni vere, per farmi uscire da sta monotonia, da sto appiattimento cui assisto come fossi sempre a teatro; spettatrice al di qua del proscenio della mia vita: uno spettacolo scadente, con pochi applausi.
E insomma quella sera che dovevo andare al cinema e poi, magari, a fare tutti insieme un bello strip poker: io che perdevo apposta e davanti a tutti, un pezzo alla volta, togliere con la finta calma pacchiana delle spogliarelliste, gli indumenti. E sentire che quelli che mi guardano si eccitano, gli si gonfiano i pantaloni. E le donnine gelose, perché sentono quest’elettricità che tutti investe. 

“La fortuna di essere femmina, di poter scegliere chi voglio quando ne ho voglia”
“Ma la mia voglia ha una qualità diversa, e sorge solo se sono desiderata”
“Non so come fate, ma quando volete, inducete il desiderio in noi maschi”
“sono solo parole e pensieri tipicamente maschili. La realtà è molto più complicata e difficile”
“la realtà è la rappresentazione che noi diamo della nostra soggettiva visione delle cose”
“certo. Sono un po’ stanca, ti spiacerebbe riaccompagnarmi al parcheggio della pizzeria che prendo la macchina e torno a casa?”
“veramente speravo riuscissimo a stare un po’ insieme stasera”
“anch’io, ma non mi sento tanto bene. Scusa”

Mentre raggiungo la macchina per andare al lavoro, penso che ormai ho superati i trenta, che i miei sogni stanno diventando materiale effimero fuori moda, che se non mi muovo non diventerò mai madre, che continuerò a vivere con mia sorella e mia madre, che il calore e l’amore di cui penso di aver bisogno li leggerò sui romanzi.
E che non smetterò mai di fumare.

Cristiano prakash dorigo

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