non-recensione liberamente tratta dall'ultimo di Eugenides e passeggiata serale con cagnona a -5° e bora imperterrita
Il parcheggio è
illuminato da lampioni gialli.
È sera, le 21, sto
girando attorno al parco deserto dove cagnona corre e annusa in un tutt’uno con
la terra e i suoi o dori segreti.
Da un’utilitaria
scende una ragazza bionda, sfidando il freddo e il vento polare. Si avvia a
trotto verso un punto del parcheggio semideserto che non avevo guardato prima.
C’è un ragazzo
appoggiato a terra sulle gambe, chino su se stesso, come stesse vomitando.
Metto a fuoco, non
è vomito: è piegato in due da forti dolori allo stomaco.
Sono a
trenta-quaranta metri da me, e non sento quello che dicono: vedo soltanto una
scena, la sento penetrarmi, come sapessi già.
Non si può spiegare
a parole l’amore a chi non lo conosce, non lo ha sperimentato, non lo ha
sofferto. L’amore, la relazione intima con una persona amata è tante cose, e
tra queste tante, il corpo è, nel bene e nel male, tra gli interpreti
principali.
L’amore fa
esplodere i sensi, fa unire le cellule, fa implodere i circuiti elettrici,
dolcifica o avvelena la chimica, accelera o blocca la circolazione. Siamo
laboratori, ogni sensazione ha una sua spiegazione biologica, richiama teorie,
azzarda psicologie, ma non centra mai a pieno il meccanismo nella sua
interezza.
Ci sono macchinari
che studiano l’orgasmo, che quantificano e calcolano i movimenti neurologici
durante la meditazione, ci sono scale e parametri per ogni fenomeno, ma non c’è
possibilità di spiegare l’interezza.
Soprattutto non si
può individuare il mistero, l’abisso, le zone scure, i meccanismi per cui.
Ogni persona è un
essere umano a sé stante, un infinito in forma di carne, sangue, tessuti,
muscoli, nervi: un sistema complesso e inconoscibile.
E c’è un tutto
contenuto in un nulla, una realtà, una verità, che non è l’insieme di tutte le
soggettività, ma semplicemente è, e non è.
L’amore è
dipendenza, è paura e coraggio, è bisogno istintivo, è istinto di sopravvivenza
della specie.
E io non sentivo
cosa si dicevano quei due ragazzi, ma so che c’entrava l’amore, che provocava i
crampi, che rendeva impossibile una possibilità, che cancellava una speranza.
Chi non sa cosa può
fare l’amore, che non l’ha mai provato, non può capire.
Chi ha sentito il
suo tanto bene e il suo tanto male, invece, sa.
Sa cosa sono quelle
fitte, quei singulti, sa cosa significa essere vivi ed essere morti. Sa che
essere piegati in due in un parcheggio nonostante -5 gradi con una bora che
lacera la pelle, col rischio che qualcuno ti riconosca, che in tanti ti vedano,
non vale.
Sa che tutto passa,
che tutto torna, che tutto s’incista nel ricordo e che per fortuna è così.
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