giovedì 2 febbraio 2012


non-recensione liberamente tratta dall'ultimo di Eugenides e passeggiata serale con cagnona a -5° e bora imperterrita


Il parcheggio è illuminato da lampioni gialli.
È sera, le 21, sto girando attorno al parco deserto dove cagnona corre e annusa in un tutt’uno con la terra e i suoi o dori segreti.
Da un’utilitaria scende una ragazza bionda, sfidando il freddo e il vento polare. Si avvia a trotto verso un punto del parcheggio semideserto che non avevo guardato prima.
C’è un ragazzo appoggiato a terra sulle gambe, chino su se stesso, come stesse vomitando.
Metto a fuoco, non è vomito: è piegato in due da forti dolori allo stomaco.
Sono a trenta-quaranta metri da me, e non sento quello che dicono: vedo soltanto una scena, la sento penetrarmi, come sapessi già.
Non si può spiegare a parole l’amore a chi non lo conosce, non lo ha sperimentato, non lo ha sofferto. L’amore, la relazione intima con una persona amata è tante cose, e tra queste tante, il corpo è, nel bene e nel male, tra gli interpreti principali.
L’amore fa esplodere i sensi, fa unire le cellule, fa implodere i circuiti elettrici, dolcifica o avvelena la chimica, accelera o blocca la circolazione. Siamo laboratori, ogni sensazione ha una sua spiegazione biologica, richiama teorie, azzarda psicologie, ma non centra mai a pieno il meccanismo nella sua interezza.
Ci sono macchinari che studiano l’orgasmo, che quantificano e calcolano i movimenti neurologici durante la meditazione, ci sono scale e parametri per ogni fenomeno, ma non c’è possibilità di spiegare l’interezza.
Soprattutto non si può individuare il mistero, l’abisso, le zone scure, i meccanismi per cui.
Ogni persona è un essere umano a sé stante, un infinito in forma di carne, sangue, tessuti, muscoli, nervi: un sistema complesso e inconoscibile.
E c’è un tutto contenuto in un nulla, una realtà, una verità, che non è l’insieme di tutte le soggettività, ma semplicemente è, e non è.
L’amore è dipendenza, è paura e coraggio, è bisogno istintivo, è istinto di sopravvivenza della specie.
E io non sentivo cosa si dicevano quei due ragazzi, ma so che c’entrava l’amore, che provocava i crampi, che rendeva impossibile una possibilità, che cancellava una speranza.
Chi non sa cosa può fare l’amore, che non l’ha mai provato, non può capire.
Chi ha sentito il suo tanto bene e il suo tanto male, invece, sa.
Sa cosa sono quelle fitte, quei singulti, sa cosa significa essere vivi ed essere morti. Sa che essere piegati in due in un parcheggio nonostante -5 gradi con una bora che lacera la pelle, col rischio che qualcuno ti riconosca, che in tanti ti vedano, non vale.
Sa che tutto passa, che tutto torna, che tutto s’incista nel ricordo e che per fortuna è così.

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