Ho
ripescato questo vecchio post risalente ad un periodo in cui i blogs
erano molto frequentati, prima di facebook e twitter. Allora ci si
frequentava senza sapere che aspetto e che età si aveva: eravamo
solo nomi o nicks, senza corpo, senza volto.
Era
anche prima che iniziassi a scrivere libri: ora il mio amico è più
soddisfatto, anche se sa, perché ad un amico si dicono certe cose,
che scrivere libri, per molti, non cambia le cose.
Lascio
tutto com'era allora.
L'amico
si chiama Luigi.
Caro
amico,
visti affetto e stima che ci legano ormai da anni,
meriti una risposta esaustiva su questa faccenda del blog, che tu,
come hai avuto modo di scrivermi in almeno un paio di occasioni,
detesti. Essendo però questa una lettera aperta, che pubblicherò
anche sul blog, è forse opportuno spiegare l’antefatto.
Antefatto:
il
mio amico non ce l’ha col blog in sé; ce l’ha con me in
particolare. Dice infatti che questa forma di scrittura, perché il
mio è un esercizio di scrittura più che un diario, mi toglie tempo
ed energia a quella vera e seria, che lui apprezza davvero. E
aggiunge senza enfasi, parlandone come di un qualcosa che è, non che
sarebbe in un’ indefinita accezione dubitativa, una forma di
compensazione immediata. Sembra dire, con le sue parole, che è
facile così: ci si fa conoscere in giro, si fanno delle visite di
cortesia che poi, di solito, vengono contraccambiate; si crea così
facendo una sorta di vincolo basato su una reciprocità malata; una
specie di scambio, di baratto: io do un po’ a te, tu a me. E
paragona tutto questo scambio di affettività, non come una libera
circolazione di singole persone libere che vanno e fanno e scrivono
quel che davvero vogliono e pensano, ma piuttosto di un’accolita di
frustrate/i che si scambiano pacche sulle spalle:” hei ciao, come
va? Oggi ho mal di pancia; ohhh poverino, fossi là ti massaggerei
io; oggi sono triste; ma dai, suvvia, ci siamo qui noi”.
Il
mio amico però è una persona intelligente e, lo ripeto, non dice, o
meglio sottintende, tutto ciò perché è contrario all’azione
consolatoria o all’amicizia o amore nati in rete; no, no, lui ce
l’ha con me che invece di concentrarmi sulla scrittura, mi faccio
drogare da questo strumento che compensa, a mò di placebo, la
difficoltà di confrontami con la vera scrittura e la vera critica e
la vera frustrazione.
Non
ricorda la cifra esatta, mi dice, ma ogni anno ci sono una marea di
prime opere; spesso di scarso valore artistico e,cassius clay, perché
non potresti anche tu esordire; o provarci, almeno.
Questo,
credo, voglia dire il mio amico.
E
adesso?
E
adesso come la mettiamo? Lui ha alcune ragioni assolutamente
legittime.
La
prima, inoppugnabile, invincibile, bella e fresca, è quella di
volermi bene e di volere, perciò, il mio bene. E anch’io gliene
voglio.
Ci
sentiamo davvero amici e fortunati di sentirci tali e gustiamo il
privilegio di sentirci tali come chi sa che è in possesso di una
rarità.
L’amicizia
è rara e preziosa in quanto, così come l’amore e poco altro,
accade. La si può cercare, volere, desiderare, bramare, ma accade di
suo, con un’indipendenza vicina allo snobismo.
E
allora, adesso, qui, devo espormi e dire come la penso per davvero.
Lo
faccio perché lui se lo merita, e perché in tre mesi e mezzo, più
di mille passaggi meritano riguardo.
La
prima cosa che dichiaro è che non sono il tipo adatto al
compromesso. Perciò mai mi adatterò alla regola imperante e alle
ruffianerie di circostanza.
Devo
per altro ammettere che in effetti, di ruffiani, non ne ho incontrati
molti in giro per la rete.
Ho
invece incontrato persone senza talento, riferito alla scrittura; ma
non esiste uno statuto per cui si debba scrivere solo se provvisti di
talento. E perciò questa è una considerazione personale e non
vincolante ad alcunché.
Quindi,
riassumendo quanto appena scritto: scrivo perché mi piace e spero di
farlo al meglio.
Poi,
devo ammetterlo, da quando ho iniziato a postare sul blog, la mia
scrittura preferita, quella dei racconti e del “progetto romanzo”
che riposa in una cartella sul pc, latita e langue.
Ed
è altrettanto vero che ho poco tempo e se quel poco lo dedico
interamente al bloggare, il resto va a puttane.
Vero,
inconfutabile.
Verità.
Quindi,
caro amico e bloggers di passaggio, credo limiterò la mia presenza
ad un paio di volte la settimana al massimo.
Sì,
perché è inutile che neghi che questo di bloggare fa presto a
diventare vizio, dipendenza.
E
io non voglio che mi succeda questo. Assolutamente no, porca
trottola.
Conclusioni:
sono
una persona con un’età anagrafica che mi vorrebbe adulto. Sono
sufficientemente equilibrato, nel senso che i miei disequilibri sono
sotto controllo.
Dentro
me convivono istinto e sentimento e intelligenza che si contendono il
primato, senza però voler male a chi di volta in volta soccombe.
Sono
socialmente introdotto per finta.
Le
mie anarchie lavorano silenti ma efficaci.
La
mia rivoluzione cresce e contagia senza chiasso.
La
scrittura è strumento che domo senza sapere come.
Le
parole non mi mancano mai anche se bramo al silenzio.
Vorrei
continuare a scrivere seriamente e a bloggare allegramente.
Vorrei
che il mio amico capisse e so che così sarà.
Quasi
tutto quel che voglio l’ho a portata di mano e spesso non so quel
che voglio.
Sono
un paradosso di un metro e settantacinque circa; o forse un
centimetro o due in meno.
Sono
un quarantenne con ancora più capelli neri che bianchi.
Sono
un bambino nei sentimenti e un adulto nell’esprimerli.
Sono
un padre pieno di dubbi e traboccante di buona volontà e amore.
Non
odio più ma non so ancora se perché è così spiacevole tollerare
dentro qualcosa di cattivo.
So
bene che ogni sentimento è in me e che il bello e il brutto sono gli
estremi della stessa cosa.
Quindi:
bloggherò
con parsimonia rinunciando a diventare il più famoso e apprezzato
blogger del mondo perché in fin dei conti non mi interessa più di
tanto.
Dedicherò
più energie alla scrittura che pubblicherò, forse mai, o su di un
libro o niente.
Mi
spenderò nella ricerca di “chi sono io ?” come ho sempre fatto
da un bel po’ di anni a questa parte.
Visterò
gli altri blog e commenterò solo se convinto, e non per ribadire che
ci sono; e sono vivo, anche.
Sei
soddisfatto, almeno un po’, caro amico?
Attendo
una risposta.
Cristiano Prakash Dorigo
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