domenica 6 gennaio 2013

il tempo di scrivere


Ieri sono andato a trovare con un’amica, una coppia di amici che ha da poco avuto un figlio.
Siamo arrivati al pomeriggio presto, ci siamo salutati, scambiati gli auguri, conosciuto G, il bellissimo bambino di poco più di tre mesi.
Dopo aver consegnati i “pensieri” per G, aver bevuto il tè, chiacchierato del più e del meno di lavoro, politica, progetti futuri, ci siamo naturalmente divisi per genere.
Con l’amico M, scrittore romano trasferitosi a Venezia da anni, abbiamo naturalmente parlato di libri. Mi ha parlato delle sue recenti letture, io delle mie, e poi abbiamo affrontato la nota dolente delle scritture. Scrivo nota dolente perché la scrittura è, a qualsiasi livello, un incontro col proprio limite, la propria ambizione, il talento, la paura, la speranza, la verità e la realtà.
Momento di transizione per entrambi, con progetti fermi per forza maggiore, e forse anche per una tenacia non abbastanza forte, si concordava sulla difficoltà di trovare energie sufficienti a reggere la sfida con le parole, dovendo al contempo occuparsi della quotidianità spicciola. Non è quasi mai una questione di tempo, e quasi sempre della qualità di questo. Quando il poco tempo che ti rimane, è tempo di recupero delle energie, e non di energia creativa, sono dolori.
Dopo i saluti, con la sensazione di essersi fatti del bene, sono andato verso la stazione assieme a M. Abbiamo entrambi un impegno di lettura a breve termine: lui il 30 gennaio, io l’1 febbraio, sullo stesso palco, per la medesima rassegna: “frari fuori”. Per anni abbiamo lavorato insieme, dividendoci il palco, poi per questioni che hanno a che fare con la casualità, i limiti della convivenza artistica, frizioni più o meno serie, ci siamo separati, e ognuno ha fatto il suo percorso.
Mentre ci salutavamo davanti ai gradini della stazione, ci siamo detti che in futuro avremmo potuto fare qualcosa insieme, come un tempo. Gli ho dato piena disponibilità: dovesse essercene occasione, sono certo che sarebbe bello.
In treno ripensavo a quello che ci eravamo detti, ma soprattutto alla sensazione che mi aveva lasciato l’incontro. In particolar modo, al mio rapporto con la scrittura, dopo l’ultimo libro. Si tratta di un recupero di testi già scritti, di aggiustamenti funzionali alle letture con F e U, a testi brevi per il blog, e poco altro.
Stamattina mi sono svegliato con l’eco di quei pensieri. Ho fatto colazione, mi sono lavato, portato fuori cagnone e mi sono seduto davanti al romanzo rimasto in sospeso da tempo.
Nonostante gli scatoloni, il poco spazio rimastomi sulla scrivania in cui in questi anni ho scritto, con l’idea che tra pochissimo tempo dovrò trovare un nuovo modo, in una nuova casa, nuovi spazi, nuovi ritmi, ho deciso di affrontarlo di petto.
Oggi ho scritto come non facevo da anni: almeno cinque ore. Ne è venuto fuori uno stravolgimento completo della trama, pur mantenendo molte delle pagine già scritte.
Sono distrutto, non mi ricordavo costasse tanta fatica. E sono però, al contempo, contento. Adesso ho deciso cosa devo fare: non so quanto tempo ci metterò, come continuerà, dove andrò a finire, ma ho in testa una linea da seguire.
Sono le 17, sono sfinito. Vado a bermi una tisana, non senza sottolineare però, che oltre al romanzo, ho scritto un nuovo post per il blog.


Nessun commento:

Posta un commento