lunedì 14 ottobre 2013

naufragi

Passati i giorni della commedia del lutto, posso finalmente scrivere come mi sono sentito sapendo della morte degli immigrati. Avevo bisogno di un distacco, pur sapendo che non finirà mai. Sarò breve, ma devo partire da lontano. Quando ero giovane faceva figo sentirsi internazionalisti, cittadini del mondo. Anch’io ne subivo il fascino, e nonostante mi sia allontanato molto dalle robe che facevano figo allora, in alcuni casi, come questo, sono tornato all’origine. In termini spirituali e razionali, e perciò anche politici, credo che la divisione del mondo in tante piccole frazioni, che cambiano del resto ad ogni guerra, sia una perversione squisitamente umana, senza per altro niente di squisito. Credo che pensare ad un mondo liscio, senza fratture, senza nazionalismi, sarebbe un problema solo per la finanza, i fascistoidi, le chiese, la politica: ragion per cui non si farà mai, e me ne rendo ben conto. Detto questo, passo alla ragione di questo mio. Non ho voglia di fare ricami o giri di parole: quelle immagini mi hanno sgomentato, tormentato, addolorato, ferito, annichilito. Mi è insopportabile l’idea che si possa lasciar morire così degli esseri umani, e riservare a chi sopravvive un trattamento peggiore di quanto noi, gentili anime occidentali, riserviamo agli animali. Non voglio fare il puro, l’ingenuo, quello che finge di non conoscere le regole del mondo; le conosco, e bene, e appunto le sto rimettendo in discussione. Volevo scriverne in quei giorni, ma sarei stato probabilmente solo sentimentale, col rischio di venir tacciato di buonismo, sentimentalismo, sinistrismo. Ma non si tratta di questo: non è solo il sentimento, l’emozione; no, è pura razionalità, la mia, per il poco che conta. Ho sputato contro lo schermo quando Alfano ha parlato di Europa invece di tacere e magari piangere; ho inveito contro Letta e il governo quando ha fatto e detto quello che ha fatto e detto, senza poi dire e fare niente; ho distrutto il computer quando ho letto il post di quel mentecatto di Grillo, che ha ridotto una questione profondamente umana in un banale conteggio elettorale - ma forse non le possiedono, nessuno di questi, le parole da dire, scrivere, e soprattutto tacere, quando andrebbero dette, scritte e taciute -. C’è chi crede di sapere la verità, chi si illude di avere soluzioni, chi vende pacchetti ideologici per mentecatti, chi si aggrappa alla fede, chi spara le inevitabili contraddizioni aritmetiche. Non possiedo formule salvifiche, non ho idee geniali, e tanto meno certezze universali. So solo, questo sì, che fino a quando sento il dolore che ho sentito, mi asciugo gli occhi delle poche lacrime che ancora possiedo, leggo le trappole ideologiche che cercano di conquistare chi non vede l’ora di farsene conquistare perché non sopporta lo sgomento che prova, io sono me, e mi posso fidare dell’autenticità di tale fiducia. Prevedo che non finirà mai, e spero di stare male ogni volta che ne ho lucida consapevolezza. Cristiano Prakash Dorigo

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