sabato 20 aprile 2013

violenza di genere e presidente

In questi giorni si sta votando il nuovo Presidente della Repubblica, prassi che sta determinando il suicidio di una certa politica, abnorme effetto di una causa che non è stata registrata a dovere.
Non sono abbastanza cinico, e nemmeno esperto, da capire perché. Ho votato a sinistra, a fatica, e temo che sia stato un inutile spreco di tempo; ma forse non è mai inutile, visto che mi ha insegnato qualcosa.
Mi ha confermato che un popolo ha i rappresentanti che si merita, e che se non ha  ancora capito, si ostina a non capire, mai capirà, sarà sempre destinato a credere che ci sono singole persone- un sacco di leaders si sono succeduti l’un l’altro, con le stesse premesse, sempre tradite-  in grado di mettere a posto le cose, per una sorta di miracolosa capacità esoterica. Siamo un popolo che ha bisogno del capo: un capo che ci rassicura, che ci imbroglia ma che ci tranquillizza, che ci esonera dalla responsabilità individuale.   

Ma c’è un argomento che in questi giorni- ma in realtà ogni giorno- mi tormenta: la violenza degli uomini sulle donne.
Io so che in noi coesistono male e bene, in egual misura, che spesso latitano, e che si manifestano con una certa prudenza.
Il bene di solito è speso perché si vuole qualcosa in cambio; non dico a livello consapevole e strumentale, sempre e comunque. Mi riferisco a movimenti appena più profondi di quanto siamo normalmente abituati, e forse disposti, a riconoscere. Ci si dà con ricevuta di ritorno: a partire da un’accettazione di questo, si arriva a scoprire e mettere a nudo meccanismi più sottili, ma assolutamente veri, e ad osservare con più chiarezza i nostri comportamenti.
Ci sono gesti, detti "agiti", che si caratterizzano, per dirla in breve, con questo schema: prima si fa, poi ci si pensa. Sono i gesti che si compiono in modo compulsivo, che rispondono a meccanismi profondi, incistati in luoghi oscuri, spesso dormienti, di cui si pensa che possano essere scomparsi, e che improvvisamente si manifestano in modo incontrollato.
È forse in quest'ottica che si può considerare la violenza alle donne.
La prevaricazione della parte che non ci piace, che detestiamo, che disconosciamo, e che invece è nostra ospite, esce di colpo, esplode, rapida, agisce.
Questo vale per quello che definiamo raptus.
Ci sono invece altre forme di violenza, catalogate con diversi nomi: maltrattamento, abuso, violenza psicologica.
Per esperienza professionale so che difficilmente se ne esce. Il rapporto vittima-carnefice è apparentemente illogico, fondato su assurdi ricatti, su prevaricazioni, su  rapporti malati. Spesso chi subisce, perdona chi compie quegli atti; questo, pur vivendo vite monche, pur avendo vuoti affettivi, problematiche affettive e sessuali: insomma, l’esistenza rovinata.

Speravo in una Presidente donna, capace di mostrare un uso dolce del potere.
Vero è che in Italia, e non solo, abbiamo donne appartenenti alla classe politica che mi mettono i brividi, tanto sono maschili nell’abusare della loro posizione, ma sono una minoranza. 
Non riesco a non considerare la violenza di genere come un doppio delitto: uno perché fa del male nell’immediatezza, due perché spesso inchioda chi lo subisce, alle conseguenze di quel male.

Nel frattempo, mentre scrivevo, è stato rieletto Napolitano.

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