domenica 14 aprile 2013

privilegi e torti: mi preoccupo, ma con moderazione


Oggi è stata una giornata ordinaria, di compensazione dopo una settimana impegnativa. Ho fatto un po’ di lavoretti in casa, ho scritto, letto, fatta la spesa.
Nell’incedere tranquillo, mi sono rimaste delle immagini e dei pensieri.
La prima ad avermi colpito è stata la notizia del figlio di Alemanno: pare che la polizia abbia coperto un suo coinvolgimento in una rissa, o aggressione, non ricordo bene. Capirai, siamo in Italia!, penserà forse qualcuno. La questione che mi ha colpito però, non è questa, cui sono purtroppo abituato; no, è il fatto che il ragazzo pare ne combini parecchie, e tutte a marchio protofascista. Suo padre si tiene al collo la croce uncinata, sua madre è la figlia di Rauti- un nome in Italia, zona destra destra-: si è distinto per saluti romani, episodi legati a casa pound, aggressioni appunto di stampo destrorso. Ho anche pensato: e se fosse, specularmente, uno dei centri sociali, la penserei allo stesso modo? No, non penserei allo stesso modo: crescere in un ambiente che ritiene il fascismo giusto, è grave. L’ideologia fascista è un’ideologia pericolosa, nociva, falsamente eroica.
Tutte le ideologie sono cieche, parziali, potenzialmente devianti, e ciononostante non sono tutte uguali: quella fascista si nutre del convincimento che, pur di prevalere e imporsi, può prevaricare chi non la pensa allo stesso modo.
Essere sindaco di Roma capitale, è più importante di fare il ministro, leggevo. Non so se sia vero, ma è certo un incarico di prim’ordine a livello nazionale. 
Mi preoccupo, ma con moderazione.

Vicino casa, dove abito a Mestre, c’è un supermercato lidl: uno dei primi discount tedeschi sbarcati in Italia, solida realtà commerciale. E‘ sempre pieno: metà italiani, metà non: non è una questione di moda, di tendenza, ma di sopravvivenza. Alla cassa ho avuto modo di scambiare due chiacchiere con il cassiere italiano: un ragazzo sui trenta abbondanti, fede al dito, gentile. Gli ho chiesto delle aperture domenicali: l’ho fatto perché sabato prossimo sono stato invitato da confesercenti per parlare da autore dell’argomento: il primo racconto del libro, si chiama “supermarket nord est”, per cui credo abbiano presunto che ho qualcosa da dire. Il cassiere non è contento di lavorare la domenica: gli pagano un pò di maggiorazione, ma gli fottono la vita privata. 
Il lavoro al giorno d’oggi o non c’è, o ti invade, anche fuori orario. Condiziona la  tua identità sociale, ti rappresenta, fa di te non ciò che sei, ma ciò che fai come mestiere. Pare quasi che ogni piccola libertà, sia una concessione.        
Mi preoccupo, ma con moderazione

Stasera con cagnona sono stato al piccolo giardinetto vicino casa. C’erano tre persone in una panchina: sembravano madre, padre, figlio. Questi era un bambino piccolo, steso con le gambe un po’ piegate, la testa sulle gambe della madre, una coperta a proteggerlo dal fresco serale. La madre in mezzo, il padre a a lato, parlavano piano, mi sembravano rumeni, o russi. 
Non lo so cosa succede nella testa degli altri, ma a me le scene e i personaggi nascono così, da una visione, una voce, diventano suggestioni, e poi si trasformano in storie, cui disegno il destino, che si trasforma in realtà costruite con le parole, le quali la sostituiscono.
Vedevo scritta la loro storia, immaginando che quella notte si sarebbero fermati su quella panchina, avrebbero dormito male a causa dell’umidità, il freddo, il pensiero che non è una vita agevole e invidiabile, la loro. Certe condizioni strappano il sonno, incutono terrore, si incistano nei meccanismi percettivi, ne condizionano il funzionamento, allontanando chi li vive dalla realtà; perché la realtà, in questi casi, fa più male del freddo, dell’umido, in quanto si sostiene sull’ingiustizia della natura umana, la quale prevede che ci sia chi prevale, e chi soccombe. Mi sono chiesto se il bambino sognerà stanotte, nel senso che non so se in una panchina di legno si riesce a sognare.
Mi preoccupo, ma con moderazione.

Certe volte mi convinco che finché riesco ad osservare, finché riesco a scrivere, sono salvo. Sono doppiamente privilegiato perché sufficientemente consapevole, e perché nessuno sa che lo sono, privilegiato. Non si direbbe proprio, vedendomi. Non ho segni particolari che lo evidenzino: non sono infatti ricco, non ho particolari virtù; eppure sono mediamente contento di quel che sono, probabilmente perché non ho grandi pretese.
Per cui non riesco a preoccuparmi, anche se forse dovrei, seppur con moderazione.

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