Leggevo la prefazione del libro dei Mormoni. Riassumendo alla carlona, il loro profeta riceve nel 1823, in un'apparizione di un angelo che illuminava la stanza, durante la quale il figlio di uno che aveva completato l'opera paterna, scritta su tavole d'oro su commissione di Gesù Cristo, gli rivela dove sarebbe nascosto un nuovo libro sacro. Oltre al profeta, altre 11 persone avevano potuto essere testimoni dell'esistenza delle tavole stesse, le quali spiegavano come bisogna vivere, per vivere bene.
Dopo la prefazione mi sono fermato, con un pensiero.
Mi dicevo: non siamo in epoca di parabole, di profezie, di profeti. Non siamo dinnanzi a situazioni sociali tali per cui si possa credere ad una simile visione, senza rischiare un ricovero in psichiatria.
Eppure il candidato dei repubblicani, oltre a professare questa religione, è uno che si è arricchito facendo soldi con la finanza. Quella finanza che ha generato la crisi, che si è arricchita immensamente finché c'era da guadagnare, che si è fatta pagare i debiti quando la crisi è scoppiata in tutta la sua pornografica evidenza.
Ebbene, questo signore, che crede alle apparizioni e che specula con la finanza, è candidato alla presidenza degli Stati Uniti.
Pensavo che noi italiani fossimo i più scemi: già con Putin avevo capito che evidentemente mi sbagliavo. Ora ne ho la certezza.
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