mercoledì 20 giugno 2012

L'infelicità del pendolare e la follia accettabile

Per diverse ragioni questa settimana ho preso il treno delle 21.30. I treni dei pendolari hanno una loro fisionomia amicale, composta di volti che si riconoscono, pur appartenendo a persone che non si conoscono. Io riconosco decine di facce, alcune delle quali entreranno senza saperlo nel prossimo libro che scriverò, nei post del blog, nelle righe estemporanee dei social. Da sempre, quando vedo una persona, immagino una storia. Sempre sul filo della follia, appena di qua della caduta, visto che sono persona che scrive, mi posso permettere biografie inventate, storie mai accadute. I volti che vedo a quest'ora, a differenza dei soliti treni, si differenziano per una piega di stanchezza più evidente, una rassegnazione più marcata, un sovrappiù di sfiducia. Domani, venerdì e sabato sarò a Trieste per la tre giorni di "impazzire si può". Ne parlerò in modo più diffuso nei prossimi giorni, ma la domanda che mi faccio stasera, in questo treno, circondato da queste facce, è: ma non è un'esistenza da pazzi questa? Quando ci siamo arresi, quando abbiamo accettato di rimanere schiacciati in meccanismi senza senso, quando abbiamo rinunciato, e quando ricominceremo, a sognare di vivere una vita felice?

2 commenti:

  1. Cri, non sapevo della tua attività da blogger!!!

    è una domanda interessante la tua...Mi piacerebbe sapere la soluzione...

    Se penso all'arrendermi... Sul piano personale sono felice, ho amici, una famiglia...E non mi serve altro. Ho ogni giorno le mie soddisfazioni. Il piccolo che impara qualcosa o un'amica aiutata e confortata.

    Sul resto però non posso fare nulla... Vedo che solo chi ha le disponibilità economiche riesce... perchè? SI è bolccati e si annaspa di mese in mese, senza arrivarci a fine mese.. i progetti non si possono fare nemmeno a brevissimo termine.,.. che sò. una pizza del sabato sera. Anche a casa.

    Diana

    RispondiElimina
  2. Cara Diana, oltre al lavoro, lavoro di scrittura e di lettura.
    Lo scollamento che la società, per com'è strutturata e accettata dai più, rappresenta l'inizio della fine delle relazioni. Fare buone domande, anche retoriche, non richiede gioco forza risposte: se smuove qualcosa, se provoca un dubbio, ha già fatto il suo dover.
    Un abbraccio,
    C

    RispondiElimina