martedì 17 luglio 2012

Supermarket al Marinoni

Pensavo alla serata al teatro Marinoni del Lido. Facevo considerazioni sul fatto che era uno dei posti in cui volevo andare. Il teatro ha tutta una sua storia- consiglio di visitare il sito per capirne e saperne di più-, e attualmente è tenuto in piedi, in senso letterale da un gruppo di persone che insistono nel considerarlo bene comune, e che offrono tempo e passione a quest'idea. Per quanto riguarda noi, avevamo deciso di passare l'estate nella preparazione degli impegni che ci attendono a partire da settembre. Questo significa sala prove, prove, prove. L'idea è quella di sviluppare una certa idea- per adesso tecnicamente ancora immatura-, e affinare l'esistente. Ma non è mai come si pensa, e l'arrivo di nuove persone- per ora una, più avanti almeno un'altra, poi non so-, modifica l'assetto del gruppo: nuove idee, relazioni, pensieri, modi di esprimersi. Quello che rimane in prospettiva, però, non cambia: fondere musica e parola, farne uno strumento comunicativo complesso e compatto. Credo ci siano diversi modi di esistere, vivendo anzichenò. Io ho trovato la mia strada, dopo numerose e tortuose traversie, in quella che normalmente viene definita creatività. Da qualche anno vivo assecondadola, dandole respiro, concedendole spazio e tempo. Questa creatività, al di là del risultato qualitativo, terreno molle e insidioso, si concretizza nel lavoro di cui sopra. È il mio strumento per stare bene, per carezzare la vita, per sentirmi pienamente esistente. Questo ha a che fare in senso lato con la condivisione, con la relazione, con la comunicazione. E non mi riferisco al modo ufficiale di intenderle, ma a quello soggettivo, che si misura e confronta con la sensibilità di ciascuno, con la possibilità di scoprire un modo altro di stare al mondo, pur rimanendo dentro ai canoni della civiltà, della reciprocità, della condivisione e interazione tra persone. Quando mi sono incontrato per discutere le modalità pratiche, concrete, di fare qualcosa al Marinoni, la cosa che è emersa in modo evidente, è la precisa volontà di sentirsi parte di un bene comune. Ho riflettuto molto su questo sottolineare l'idea che un bene possa diventare di uso comune. In questi tempo tristi, di isolamento, di marginalizzazione ed esclusione, pare un'impresa assurda, forzata, utopica. E si battono in prima persona perché un presidio culturale e popolare non venga trasformato in fighetteria moderna da architetti e aziende dalla parcella al passo coi tempi. Pensavo che insistere sul concetto di cultura, dopo un quasi ventennio di spallate possenti a qualsiasi cosa che prevedesse un minimo di alfabetizzazione estetica, abbia a che fare, banalmente, con la libertà. La libertà, ad esempio, di poter scegliere se andare a teatro o no. E che questo dipenda dal fatto che ci può piacere o meno, e non dal fatto che il teatro è stato chiuso per far posto all'ennesima svendita. Concludo dicendo delle nostre scelte. Siamo stati ai Frari, a Cà Tron, al Candiani; ora tocca al Marinoni, e poi da settembre, un giro più largo ed eterogeneo, anche fuori regione. L'idea è quella di incontrare, relazionarsi, confrontarsi. L'idea è di offrire l'opportunità, per quell'oretta scarsa, di stare bene, di condividere, di farsi delle domande, di farne, con l'idea che difficilmente si troveranno le risposte. Cristiano Prakash Dorigo

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