Domenica mattina, alba.
Sono seduto sul divano nuovo, col nuovo air ( comprato usato in rete), sveglio da un pò.
Seconda settimana in casa nuova, dove continua il caos che pare interminabile, irrisolvibile: scatoloni, mobili da montare, robe da trovare, nuove traiettorie da assimilare. Reduce da un febbraio a dir poco balengo: trasloco- che significa otto furgoni strapieni da caricare-scaricare-, tre serate di letture- frari, pedro, murata-, e tutto il resto, che vuol dire mollare il posto dove si è stati quasi sette anni, per tornare “in patria”, che sarebbe la periferia, detta amabilmente “terraferma” veneziana.
Un giorno, poco prima di iniziare questo tormentato ritorno, pensavo a cosa mi sarebbe mancato della provincia del nord est; non ho avuto dubbi: mi sarebbe mancata quella parte di campagna, l’odore forte che ha, la vista libera dei campi, le facce di chi vi abita, qualche cara persona che ho incontrato in questi anni. E poi basta: non ho saputo adattarmi alla cittadina per bene, al pendolarismo, al fatto che mi sentivo a casa quando scendevo dal treno la mattina, ed ero quel che sono, qui, e quasi mai, lì.
Adesso quando porto in giro cagnona, quando esco la mattina, l’odore e il rumore si fanno sentire, segnano una differenza marcata; e nonostante ciò, li riconosco, li ritrovo e li saluto, benché non mi piacciano: li considero un pegno, un prezzo accettabile.
Ci metterò ancora un poco a ritrovare l’equilibrio, e anzi spero che non succeda: oscillare, sentire la forza prorompente della vita, la vitalità del dubbio, mi stimolano.
Ho scritto tanto in questi sette anni precedenti; conto di fare di più e meglio qui, appena ripristinata la camera degli ospiti-studio.
Oggi mobili, ordine, spostamenti e poi cinema: vado a vedermi Anna Karenina. Sarà una delusione, naturalmente: ma ci sono eternità che resistono ai tentativi di riduzione spettacolare.
Ci sono donne e scrittori che bisogna incontrare nella vita, per capire che prima di fare la loro conoscenza, non si era capito niente.
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