L’anno scorso ho collaborato col festival dei matti di Venezia.
In sostanza ho aiutato la mia amica Anna Poma- ideatrice e responsabile e factotum e tutto il resto, tanto, che un evento simile, in una città come Venezia, comporta- per un evento specifico: sono stato a fianco di Luca Santiago Mora, ideatore e instancabile fautore del progetto “Atelier dell’errore”- un’occhiata in rete a quello che questo progetto comporta, non può che arricchire l’esistenza di chiunque-. Ho procurato il materiale tecnico- una presentazione video, opere dei giovani artisti dell’atelier appesi alle colonne della chiesa di San Stae, meglio conosciuto come Sant’Eustachio, illuminato durante l’incontro con una cerva, tra le cui corna avrebbe visto una croce, ragion per cui il nome dell’evento era “la cervia esutachea”-: in pratica mi sono messo al suo servizio, molto volentieri, cercando di far sì che la sua creatività trovasse riscontro nella concreta possibilità di realizzarla.
A rendere il tutto ancor più nutriente e soddisfacente, l’intervento di Giovanni Lindo Ferretti, conoscitore del progetto, che appoggia e sostiene come può.
Lo dico chiaramente, anche se Anna smentirebbe: sono stato chiamato non solo e non tanto per le mie qualità personali, ma perché sono uno dei pochi che lei- Anna- conosce, che sostengano e amino ancora il Ferretti, nonostante la sua deriva destrorsa e spirituale, criticata in modo, a mio parere senza costrutto, ma solo con motivazioni ideologiche.
Perché lo racconto oggi?
Perché ho letto un post sul blog di Sergio Garufi- che consiglio-, nel quale racconta di un incontro con De Gregori, artista che lui ammira, conclusosi male, con suo dispiacere. Il post in questione mi ha fatto tornare in mente l’occasione di incontro con una persona che tanto ammiro, quanto quest’ammirazione abbia bisogno di una certa distanza per essere mantenuta, e non smentita dal poco che siamo.
Anticipo subito che l’incontro non è poi avvenuto in quanto GLF quel giorno stava male.
La domanda che mi è rimasta, continua comunque a galleggiare in me: come mi sarei comportato, cosa gli avrei detto, quanto sarei rimasto deluso, incontrandolo?
Ricordo una canzone del G che diceva “...non fare di me un idolo mi brucerò\trasformami in megafono mi incepperò...”: messaggio chiaro ai suoi seguaci.
Ecco, io non sono un suo seguace, metà delle sue posizioni sono distanti dalle mie; ma per l’altra metà, ho una indiscutibile passione, intellettiva e sentimentale. E poi, a dire il vero, ancor di più, ho una stima totale per le sue scelte; e lo ripeto: non perché le condivida, ma perché sono autentiche, vere, irrinunciabili per chi, come lui, ha scelto di assecondare il proprio istinto, a prescindere dalla convenienza che questo comporta.
Credo sia questo il punto nodale: lo ammiro e rispetto per il coraggio di essere ciò che è.
E leggendo il post di Garufi, se mai lo stesso accettasse un consiglio da me, cosa di cui per altro dubito, gli augurerei lo stesso: di fare pace con quello che è, al di là del fatto che sia opportuno o meno.
E’ però rimasta in sospeso la domanda: come mi sarei comportato, cosa gli avrei detto?
Mi spiace, ma non ho risposte.
Credo che avrei agito in base a quello che sentivo, che l’avrei espresso, e che questo mi avrebbe condotto dritto dritto verso una figura di merda, come spesso mi accade.
E ciò nonostante, così vanno le cose, così devono andare.
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