Sono
seduto di fianco all’ingegner Vocina, coi suoi baffetti, i suoi vestiti niente
di ché, la sua ventiquattr’ore, la sua evidente inutilità. Di fianco a lui, ma
lui non la vede- non vede niente di norma, nemmeno lo scorrere della vita; nota
solo i suoi grafici, le sue pagine noiose, la sua monotonia-, tutto preso com’è
a pensare che preferirebbe annoiarsi in pensione, una ragazza che è la
rappresentazione della voluttà. Non si tratta solo del corpo, dei lineamenti,
entrambi perfettamente consoni a sogni segreti, quanto della luce che
all’interno dell’azzurro meraviglia degli occhi, le illumina lo sguardo suo
malgrado. Quando ti guarda distrattamente, lei non sa di essere ciò che è: si
crede una normale ragazza che studia, che fa le sue cosine con impegno, che si
applica e si prende le sue distrazioni nel miglior modo possibile. Ad un certo
punto si libera un posto e l’avvocato Costoletta, con slancio cavalleresco le
cede il posto che sarebbe toccato a lui; gentilezza che l’ingegnere non
conosce, non pensa, non si preoccupa di concederle udienza.
Procediamo
per la solita tratta di pendolari schiavi che si credono liberi solo perché
credono di determinare le proprie scelte in fatto di mobilio a rate, auto a
rate, casa col mutuo, canali televisivi da scegliere. Il tempo scorre, scandito
dalle stazioni della sterminata suburbia del nord est, dai minuti che mancano
all’inizio delle attività cui ciascuno è destinato.
Improvvisamente,
mentre ognuno è occupato nelle sue attività tipo lettura del giornale, del
libro, della chiacchiera libera, della telefonata, del post su fb o twitter, si
sente il sibilo altissimo e rabbrividente della frenata del treno. Al contempo
si sente un sottofondo strano, una specie di strcrcchchcrccch , impronunciabile onomatopea che somiglia a
quando con un grande peso si schiaccia qualcosa: si pensi, ad esempio, a quando
con le ruote dell’auto si calpesta la carcassa di un gatto morto.
Quelli
come me seduti dando le spalle al senso di marcia vengono schiacciati come
poster al sedile; quelli seduti di petto al senso di marcia, vengono
catapultati come lanciati con una fionda verso quelli seduto di fronte. Riesco
a vedere l’esile avvocato Costoletta alzarsi in volo come non ci fosse gravità
e sbattere contro la parete opposta, e con lui i molti pendolari che
soggiornano in corridoio ogni mattina.
La
bellissima fata turchina affusolata mette le mani davanti a sé per ripararsi,
mentre l’ingegner Vocina devia il suo arrivo, verso di me. Me la trovo
spiaccicata addosso, le sue meravigliose morbidissime tette ad altezza bocca,
un ginocchio sullo sterno, un piede sul ginocchio, il suo sguardo di puro
stupore sul mio. Intorno panico, grida, mugugni, bestemmie, lamenti, pianti.
Siamo tutti schiacciati gli uni sugli altri, il disagio, il panico, lo shock,
le lacrime, il sangue, il vomito, l’estasi.
Sono
l’unico che si gode l’incidente, sento il suo odore di ascesi, la sua
morbidezza, la sua tenace innocenza schiacciarmi.
Siamo
ormai fermi da un’ora: ambulanze, polizia, vigili del fuoco, carabinieri: circola
una voce: un imprenditore e i suoi sette operai si sono buttati da un
cavalcavia poco prima che arrivasse il treno. La crisi ha prodotto, nle primo
trimestre del 2013, quattrocento morti suicidi.
Il
nord est è l’area europea con più alto numero di suicidi, superiore a Grecia,
Spagna, Francia, Portogallo.
Ricordo
un servizio di report in cui si vedeva un finanziere che si fregava le mani
alla notizia della catena di default europeo.
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